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C.r. Puglia 13.11.18
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Revision
Speaker : .
(Segue inno nazionale)
Speaker : PRESIDENTE.
Colleghi consiglieri, qualche giorno fa un infarto ha tolto la vita prematuramente al collega Raffaele Baldassarre, avvocato salentino, appena sessantaduenne. Leccese di Cavallino, ha militato nel movimento giovanile della DC ed ha assunto incarichi di partito tra i cristiano-democratici. È stato fra questi banchi per due legislature, fino all’elezione al Parlamento europeo nel quinquennio 2009-2014, in cui ha svolto anche il ruolo di capo delegazione del partito del PdL.
Nella lunga attività in Consiglio regionale, in quest’Aula ha lasciato il segno di un’elegante signorilità. Nei suoi interventi sempre misurati, non ha mancato mai di offrire suggerimenti e contributi importanti di approfondimenti. L’ho sempre apprezzato in quegli anni per questa capacità. Non interveniva molto, ma i suoi interventi erano sempre di merito, misurati, mai oltre le righe, ma di suggerimenti veri dall’opposizione e anche nella fase precedente. Lo ricordiamo, quindi, con commozione e affetto, come un vero gentiluomo della politica.
L’intera Assemblea si unisce nell’esprimere ai familiari i sensi del nostro cordoglio e della più sentita partecipazione al dolore per l’improvvisa scomparsa.
Invito i colleghi ad osservare un minuto di raccoglimento.
Grazie.
Buongiorno a tutti.
Diamo per approvati i verbali della seduta precedente.
Ha chiesto congedo Borraccino.
Sono pervenute risposte scritte alle seguenti interrogazioni: Liviano D’Arcangelo, “Attività di Puglia Promozione”; Liviano D’Arcangelo “Bandi di Puglia Promozione”.
Alla I Commissione sono state assegnati una serie di debiti fuori bilancio; alla III Commissione: “Proposta di legge a firma dei consiglieri Marmo, Damascelli, Franzoso, Gatta ‘Norme per la prevenzione del soffocamento in età pediatrica’”; “Proposta di legge a firma dei consiglieri Marmo, Damascelli, Franzoso, Gatta ‘Interventi in materia di obesità infantile e giovanile’”; “Proposta di legge a firma dei consiglieri Perrini, Zullo, Manca, Ventola ‘Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 8’”.
In più, un disegno di legge, il n. 223 “Abrogazione dell’articolo 9 della legge regionale n. 25”.
Sono state presentate interrogazioni: Barone, “Parco eolico di potenza complessiva … nel Comune di San Civitate”; Barone, “Stabilimento di trasformazione del pomodoro sito a Poggio Imperiale”; Casili, “Piano straordinario per la verifica ambientale del Comune di Ugento”; Galante, “Mancata attivazione del servizio UMaCA all’Hospice San Camillo di Monopoli”; Galante. “Registro tumori provincia di Bari”; Marmo “Investimenti irrigui finanziati dal Programma di sviluppo rurale”; Laricchia, “Piano di comunicazione settoriale ambientale.
Mozioni: Abaterusso, Damascelli, Liviano D’Arcangelo, Laricchia e Galante: “Impegno della Regione all’utilizzo del personale militare in ausiliaria da parte delle Pubbliche Amministrazioni”.
Passiamo all’ordine del giorno.
Non vedo in Aula il collega Marmo.
Come abbiamo convenuto nella Conferenza dei Presidenti, è stata presentata una mozione urgente che riguarda la libertà di stampa e di informazione. Abbiamo convenuto di discuterla.
Il primo firmatario è il collega Marmo, che non vedo.
Il collega Marmo è arrivato. È Il primo firmatario con tantissimi altri consiglieri e Capigruppo.
Do la parola al collega Marmo, come primo firmatario, per una breve illustrazione della mozione.
Speaker : MARMO.
Brevissimamente, Presidente.
Prima di entrare negli eventi che hanno determinato questa proposta di mozione, è bene ricordare che ci riferiamo innanzitutto all’articolo 21 della Costituzione italiana, che protegge la libera democrazia attraverso la pluralità delle fonti di informazione e, alla loro base, la libertà di espressione, quindi di utilizzo di tutti i mezzi di informazione. Tale libertà è garantita anche dall’Unione europea come diritto fondamentale che si applica a tutti gli Stati appartenenti all’Unione europea.
Abbiamo, inoltre, l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà di opinione e di espressione e a ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Questa iniziativa nasce a seguito della sentenza di assoluzione del Sindaco di Roma Raggi. A seguito di questo evento, diversi membri del Movimento 5 Stelle, tra i quali il Vicepresidente del Consiglio Di Maio, autorità indiscussa del Movimento e anche dal punto di vista istituzionale, hanno rilasciato dichiarazioni altamente lesive della dignità dei giornalisti e di una intera categoria, fino a definirli “infami sciacalli, pennivendoli e puttane”.
A corredo di questi insulti, è stata annunciata anche dal Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Luigi Di Maio, una normativa non meglio definita come legge per catalogare gli editori puri. Poi ci sarebbero, naturalmente, gli editori impuri. Tale proposta appare evidentemente come una lista di proscrizione.
A margine di tutto questo, io credo che ben più autorevolmente di noi, del Consiglio regionale, di quanti hanno stigmatizzato questo comportamento e questo modo di fare dichiarazioni sia il Presidente della Repubblica, che è intervenuto in prima persona riaffermando che l’incondizionata libertà di stampa costituisce elemento portante e fondamentale della democrazia, e non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo.
Riteniamo di fermarci qui, perché di fronte alle parole autorevoli, queste sì, del Presidente della Repubblica non abbiamo null’altro da aggiungere.
La mozione intende impegnare il Presidente del Consiglio regionale a manifestare nei confronti dei giornalisti o dell’Ordine dei giornalisti di Puglia, per quello che ci riguarda, la nostra piena e incondizionata solidarietà e vicinanza a tutta la categoria che viene in questo modo offesa e minacciata.
Il Consiglio desidera impegnare ancora di più il Presidente della Giunta regionale per concludere il procedimento relativo all’erogazione dei sostegni alla stampa libera, ai media liberi che sono nella nostra regione, soprattutto nel momento in cui questi sostegni vengono eliminati a livello centrale, a livello governativo.
Impegniamo il Presidente della Giunta a vigilare, a lavorare e a fare in modo, in tutte le sedi, per evitare che possano essere posti in essere atti legislativi tendenti alla limitazione della libertà di espressione, e naturalmente del giornalismo, che è la parte sostanziale e vivente di quella che è la comunicazione in genere.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Grazie a te, Presidente Marmo.
Ci sono altri interventi? Se non ci sono altri interventi, pongo in votazione la mozione urgente. Chi è d’accordo? Favorevoli? Contrari? Astenuti? Il Gruppo dei 5 Stelle non partecipa al voto. Bene.
La mozione urgente è approvata.
Collega Romano, devi cancellare, c’è una prenotazione di intervento.
Passiamo adesso al primo punto all’ordine del giorno, “Disegno di legge n. 133”.
La parola al Presidente Romano.
La legge regionale…
Sono quattro righe, non c’è molto da…. Vai, collega Romano.
Speaker : ROMANO Giuseppe.
Alla legge regionale del 2017, n. 53, viene proposta un’adesione alle osservazioni formulate dal Ministero della salute, Ufficio legislativo, nella nota protocollo eccetera del 19 giugno 2018.
In buona sostanza, quanto al disegno di legge che articolava la residenza sanitaria in alta, media e bassa intensità di cura, il Ministero, anche alla luce dei LEA che sono intervenuti dopo la presentazione dei disegni di legge, le esemplifica in RSA di mantenimento ed RSA di estensione. Quindi, tutti in gli articoli che riguardavano questo aspetto, questa classificazione delle residenze sanitarie viene modificata in “mantenimento” ed “estensione”.
Speaker : PRESIDENTE.
Vi sono altri interventi? Nella discussione generale non vedo iscritti.
Passiamo all’articolato.
Articolo 1.
Procediamo al voto. Presenti 34, votanti 29, favorevoli 29, astenuti 5.
È approvato.
Articolo 2.
Presenti 30, votanti 26, favorevoli 26, astenuti 4.
È approvato.
Articolo 3.
Presenti 37, votanti 29, favorevoli 29, astenuti 8.
È approvato.
Articolo 4.
Presenti 36, votanti 28, favorevoli 28, astenuti 8.
È approvato.
Articolo 5.
Presenti 37, votanti 29, favorevoli 29, astenuti 8.
È approvato.
C’è un unico emendamento con un articolo aggiuntivo, a firma di Mario Pendinelli e tanti altri. Credo lo abbiate tutti sul tavolo.
Votiamo.
Presenti 36, votanti 28, favorevoli 28, astenuti 8.
È approvato.
Dichiarazioni di voto non ce ne sono.
Procediamo, adesso, al voto sull’intero articolato.
Presenti 37, votanti 29, favorevoli 29, astenuti 8.
È approvato.
Credo che diamo l’urgenza perché è collegato al nuovo Regolamento. Votiamo l’urgenza.
È approvata.
Adesso passiamo, dopo una lunga preparazione, al punto n. 2). Tuttavia, informo il Consiglio che il consigliere Ventola, a nome del Gruppo, ha chiesto di posticipare la discussione su questo punto per consentire al Capogruppo Zullo di poter arrivare in Aula, perché è impegnato e arriverà da un impegno fuori Bari. Quindi, avevamo raggiunto l’intesa di passare al punto n. 10).
Dovrebbe essere una discussione abbastanza veloce da quello che ho capito leggendo le carte. Il relatore è il Presidente Pentassuglia, che non c’è. C’è un Vicepresidente che vuole leggere la relazione? Collega Damascelli, visto che lei è il Vicepresidente, vuole leggere la relazione? Prego.
Speaker : DAMASCELLI.
Signor Presidente, colleghi consiglieri…
Speaker : PRESIDENTE.
Un momento, per favore. Prego, collega.
Speaker : LARICCHIA.
Le chiedo scusa, consigliere Damascelli. Volevo solo sapere se un rinvio non vada votato, la richiesta di rinvio. Penso di sì.
Speaker : PRESIDENTE.
Quale rinvio? Non abbiamo rinviato niente.
Speaker : LARICCHIA.
Di rinviare il punto all’ordine del giorno…
Speaker : PRESIDENTE.
È stato posticipato a fra poco.
Speaker : LARICCHIA.
Dato che è diverso anche dagli accordi presi in Capigruppo, mi sembra di capire, immagino che fossero i punti n. 1 e n. 2, quindi immagino che vada votata la richiesta di posticipare il punto n. 10 per anticipare il punto… Esatto.
È una proposta, votiamola. Magari passa…
Speaker : PRESIDENTE.
C’era, come rappresentante dei 5 Stelle, il buon…
Speaker : LARICCHIA.
Bozzetti.
Speaker : PRESIDENTE.
Abbiamo ribadito, nella Conferenza dei Presidenti, dando per accolto l’invito del collega Ventola di dare la possibilità al Presidente Zullo di raggiungerci, che nel frattempo passavamo al punto n. 10. Questa cosa l’abbiamo già decisa nella Conferenza dei Presidenti. Quindi, l’ordine dei lavori è così deciso. Io qua provo a fare quello che viene concordato, punto. Adesso, passiamo a discutere questa legge, che sembrava una legge innocua, su cui dovremmo procedere rapidamente, per consentire al collega Zullo di poterci raggiungere.
La parola al consigliere Damascelli.
Speaker : DAMASCELLI.
Grazie, Presidente.
Vi prego di fare un po’ di silenzio in Aula, altrimenti è inutile che io legga la relazione, se la devo leggere ai muri.
Signor Presidente, colleghi consiglieri, negli ultimi anni il tartufo nell’ambito del contesto economico regionale sta acquisendo progressivamente un rilevante ruolo di prodotto, immagine della cultura gastronomica locale grazie alla cultura imprenditoriale della raccolta, della coltivazione, della trasformazione e commercializzazione delle numerose specie tartufigene raccolte o coltivate in Puglia. In particolare, la raccolta del tartufo fresco oggi rappresenta una esternalità positiva, offerta dai boschi e da altri specifici habitat della Regione, che necessita di un’attenta politica di tutela e conservazione di questa risorsa naturale, da attuare, come previsto dal Piano nazionale della filiera del tartufo 2017-2020, anche con la corretta informazione dei raccoglitori.
Il percorso formativo del cercatore di tartufi, finalizzato al superamento dell’esame per il conseguimento dell’abilitazione alla ricerca e raccolta del tartufo deve essere realizzato secondo criteri e modalità uniformi a livello regionale, che abbiano efficacia per tutti i contesti provinciali, anche in virtù del fatto che il tesserino che autorizza alla raccolta assume una validità su tutto il territorio nazionale.
A tal fine, la legge regionale n. 8 del 23 marzo 2015 ha disciplinato la coltivazione, ricerca raccolta, conservazione e commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel territorio della Puglia, secondo le disposizioni della legge n. 752/1985, successivamente modificate dalla legge n. 162/1991, attraverso la costituzione di Commissioni d’esame (articolo 12 della legge regionale n. 8/2015), da istituire presso ciascuna provincia e/o area metropolitana alle quali è stato demandato fino ad oggi l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tartufi.
La mancata attivazione delle predette Commissioni di esame preposte al rilascio dei tesserini di ricerca e raccolta presso tutte le province, dovuta al processo di riordino delle province e aree metropolitane (legge n. 56/2014), determina: una evidente contrapposizione rispetto alle disposizioni del quadro normativo nazionale vigente (articolo 5 della legge 16 dicembre 1985, n. 752); considerevoli problemi all’utenza interessata a sostenere le prove d’esame, la quale, a causa della mancata attivazione delle disposizioni normative regionali vigenti, è spesso orientata a conseguire fuori regione l’attestato comprovante il superamento dell’esame di idoneità alla ricerca di tartufi e il conseguente rilascio del tesserino di ricerca e raccolta dei tartufi; l’interesse per i raccoglitori di tartufo a migrazioni extra regionali per consentire la raccolta; un considerevole e grave rischio di alimentare forme di raccolta fuorilegge ed incontrollate, che pregiudicano la disponibilità futura e la conservazione della risorsa tartuficola naturale regionale; la mancata tutela e valorizzazione del patrimonio tartuficolo regionale, nel rispetto del principio di sostenibilità ambientale, ed il conseguente depauperamento delle risorse.
Pertanto, anche in attuazione dell’articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 7 aprile 2014, n. 56 “Disposizioni sulla Città metropolitana, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di Comuni”, disciplinante il riordino delle funzioni delle Province, appare necessario sottoporre a modifica la legge regionale 23 marzo 2015, n. 8 “Disciplina della coltivazione, ricerca, raccolta, conservazione e commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel territorio della Regione Puglia. Applicazione della legge 16 dicembre 1985, n. 752, come modificata dalla legge 17 maggio 1991, n. 162, e della legge 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 109”, riconducendo nell’ambito regionale tutte le competenze in materia di tartufi freschi, che ad oggi risultano attribuite alle Province e alle Città metropolitane.
Il provvedimento non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
Nella seduta del 9 luglio 2018, la Commissione ha esaminato il disegno di legge, approvando a maggioranza dei commissari presenti. Si ringrazia la Commissione tutta per la fattiva collaborazione e si rimette il provvedimento al vaglio del Consiglio regionale.
Parliamo, quindi, dei tartufi freschi. Presidente, rimetto a lei l’argomento sui tartufi freschi e conservati.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Grazie.
Ci sono interventi? Non mi risultano emendamenti qui. Chiedo agli uffici. Ci sono? Okay, sono qua. Va bene.
Articolo 1.
Non vedo emendamenti. Votiamo. Presenti 32, votanti 32, favorevoli 32.
È approvato.
Articolo 2.
All’articolo 2 c’è il primo emendamento a firma di Colonna. Va bene così, vuole aggiungere qualche spiegazione? No? Va bene. Quindi, viene aggiunto questo secondo comma. Votiamo.
Che cosa non avete? È stato distribuito il primo emendamento. C’è il malloppo degli emendamenti e c’è il primo, il n. 1. Comunque, propone di aggiungere un secondo comma: “nei rispettivi ambiti amministrativi sono aggiunte le seguenti ‘assicurando priorità ai residenti in tale ambito’”. Okay? Votiamo. Abbiamo votato tutti?
Presenti 27, votanti 19, favorevoli 19, astenuti 8.
È approvato.
Votiamo l’articolo 2 così come è stato emendato.
Presenti 27, votanti 20, favorevoli 20, astenuti 7.
È approvato.
Articolo 3.
Andiamo adesso all’articolo 3.
Presenti 31, votanti 31, favorevoli 31.
È approvato.
Passiamo, adesso, all’articolo 4.
Non vedo emendamenti.
Presenti 29, votanti 29, favorevoli 29.
È approvato.
Articolo 5.
Non ci sono emendamenti.
Presenti 27, votanti 27, favorevoli 27.
È approvato.
Articolo 6.
Prego i consiglieri di votare.
Presenti 32, votanti 32, favorevoli 32.
È approvato.
All’articolo 7 credo ci sia un emendamento aggiuntivo, a firma Barone. L’articolo 7-bis. Non incide sull’articolo 7.
Votiamo l’articolo 7 e poi passiamo al 7-bis.
Presenti 30, votanti 30.
È approvato.
Adesso votiamo l’articolo 7-bis, a firma della collega Barone. Il testo mi pare chiaro. Non so se c’è bisogno di illustrarlo.
Prego, collega Barone.
Speaker : BARONE.
Il testo è chiaro. In pratica, togliamo “durante le ore notturne […]” dall’articolo 14 della legge regionale vigente, poiché dopo abbiamo inserito gli orari precisi. Quindi, è fatto per specificare e non creare confusione. Prima diceva “durante le ore notturne, da un’ora dopo il tramonto a un’ora prima della levata del sole”, che chiediamo di togliere perché dopo vengono specificati gli orari, quindi è inutile mettere questo perché creerebbe confusione.
È semplicemente questo.
Speaker : PRESIDENTE.
Va bene.
Parere favorevole del Governo. Votiamo.
Presenti 34, votanti 33, favorevoli 33, astenuto 1.
È approvato.
Dopo l’approvazione di questo articolo, la numerazione sarà di conseguenza. Solo per ragioni di comodità richiamo ancora l’articolo 8.
Non ci sono emendamenti.
Presenti 32, votanti 32, favorevoli 32.
È approvato.
Articolo 9.
Presenti 34, votanti 34, favorevoli 34.
È approvato.
Articolo 10.
Presenti 32, votanti 32, favorevoli 32.
È approvato.
Articolo 11.
C’è un emendamento a firma Di Rosa Barone che non riesco a capire. È un comma aggiuntivo, non è un comma sostitutivo. Il comma 2 non esiste. È aggiunto il comma 2. Okay? È aggiunto un comma 2. Il Governo? Siamo all’11.
C’è il parere favorevole del Governo. Votiamo. Stiamo votando l’emendamento Barone.
Presenti 30, votanti 30, favorevoli 30.
È approvato.
Votiamo adesso l’articolo 11, così come è stato emendato.
Presenti 32, votanti 32, favorevoli 32.
È approvato.
Articolo 12.
Credo che sia l’ultimo articolo.
Votanti 31, favorevoli 31.
È approvato.
Ci sono dichiarazioni di voto? Votiamo l’intero articolato.
Presenti 35, votanti 35, favorevoli 35.
È approvato.
Con tutto il rispetto per il Presidente Zullo, io non ho un aereo per andare a prenderlo. Dobbiamo procedere.
Do la parola, sul punto n. 2), al Presidente Amati, primo proponente.
Essendo arrivato con l’articolo 17, ovviamente non c’è la relazione del Presidente della Commissione.
Prego, Presidente Amati.
Speaker : AMATI.
Signor Presidente, colleghi, la proposta di legge presentata non pone domande generiche su tutti i problemi della sanità e, ovviamente, non chiede e non dà risposte su tutti i problemi della sanità.
La proposta di legge si fonda su una serie di norme vigenti nel nostro Paese e su dei dati statistici in possesso della Regione Puglia, consultabili anche su internet.
Ogni tanto mi fermo soltanto per attendere il cosiddetto “assestamento”. C’è un momento di assestamento.
Io so, perché ho seguito tutto il dibattito, peraltro anche interessante...
Sto aspettando l’assessore Di Gioia. Faceva interferenza. Solo per questo. Non c’è l’obbligo di ascolto.
Stavo dicendo che la proposta di legge, e questo lo dico perché in questo lungo dibattito ho sentito opinioni che, in realtà, non sono conferenti con la proposta di legge, è fondata su una legge statale, e la legge statale è la n. 120 del 2007. Ebbene, la legge statale chiede che ci sia un progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria. Aggiunge, la legge statale, successivamente che, se ciò non accade, le conseguenze sono diverse, fino alla destituzione del direttore generale. Quindi, questa è la legge statale, princìpi generali a cui le Regioni devono attenersi.
Successivamente una Conferenza Stato-Regioni, in particolare quella tenuta il 18 novembre 2010, stabiliva all’articolo 3 che le Regioni garantiscono che lo svolgimento dell’attività libero-professionale non vada a detrimento dell’attività istituzionale e che hanno l’obbligo di definire anche le eventuali relative misure.
Il piano anticorruzione per la sanità, in particolare nel capitolo “Aree di rischio specifiche”, chiede, a proposito dell’attività libero-professionale e le liste d’attesa, una particolare vigilanza proprio nel rispetto delle relative interferenze con l’attività istituzionale.
Un documento successivo dell’ENPAM segnala questo problema come causa delle liste d’attesa nel nostro Paese.
Perché ho fatto questa lunga rassegna normativa? Per dire che, senza la proposta di legge il rimedio, che non è sanzionatorio, e parlo subito della questione più controversa evidentemente, senza quel rimedio, che è un rimedio attuativo della legge statale nell’ambito della competenza concorrente tra Stato e Regione, ora, a quest’ora, oggi, sulla base dei dati in nostro possesso, le direzioni generali dovrebbero aprire dei procedimenti disciplinari in tutte le specialità in cui non c’è questo allineamento. Senza questo intervento.
Ora, poiché io sono dell’opinione che non è necessaria una sanzione per raggiungere il risultato, ma molto spesso è utile mettere in competizione – in competizione virtuosa – le persone per raggiungere il medesimo risultato, ecco che il rimedio dell’Emilia-Romagna, che abbiamo noi proponenti reso più ampio con il risultato migliore in Italia, in termini di attesa per ricevere le prestazioni sanitarie richieste ci è sembrato la soluzione più adeguata.
In Puglia esiste un Regolamento, un ottimo Regolamento, che spiega tutti i passaggi attraverso cui monitorare i tempi d’attesa, che però è carente nell’unica parte, e cioè le misure per rendere, per attuare il problema dell’allineamento. Questa è la questione normativa.
Io ho sentito parecchie obiezioni, però in realtà sono obiezioni che non riguardano l’apparato normativo italiano. Tipo, per esempio la più classica delle obiezioni che è provenuta anche dagli ordini professionali, o dai sindacati era che c’è carenza di personale: non so se lo avete sentito anche voi, io l’ho sentito ripetutamente: non si allineano i tempi perché c’è la carenza di personale. Ora, in realtà, questa questione non ha rilievo, perché il monitoraggio dei tempi d’attesa che la Regione Puglia fa per mezzo di InnovaPuglia, e lo fanno benissimo, se voi guardate i dati statistici fatti dalla Regione Puglia, sono davvero fatti bene, non tengono conto ovviamente della carenza del personale, ma dichiarano il disallineamento a parità di prestazioni richieste per le classi B, a breve, e D, differita, a parità di personale impiegato. Ecco perché non rileva, la questione del personale: perché viene monitorato a parità di personale impiegato, e a parità di ore lavorate, che non possono essere per legge e per il nostro Regolamento, con riferimento all’attività a pagamento, superiori a quelle che vengono effettuate nel regime istituzionale. Ecco perché l’ulteriore obiezione. Ma l’attività viene svolta fuori dall’orario di lavoro. Per cui, uno potrebbe lavorare quanto vuole. Non è pertinente. Il tempo di lavoro nell’attività a pagamento deve essere pari al tempo di lavoro nell’attività istituzionale. I dati della Regione Puglia, gli ottimi dati della Regione Puglia nelle due settimane indice, su cui si fa il monitoraggio, sono dati che su questo non lasciano spazio ad interpretazioni differenti.
Ecco perché di fronte a noi, adesso, non abbiamo tanto il problema ricostruttivo di tutta la vicenda che riguarda le liste d’attesa, quanto un problema di attuazione della normativa, la cui mancata attuazione realizza il quadro di esperienza, che credo abbiamo tutti quanti. Dato di esperienza rispetto al quale c’è una profonda differenza di risposta fra l’attività istituzionale – di risposta in termini di tempi – e l’attività libero-professionale. Tenuto conto che i tempi d’attesa sono Livelli essenziali di assistenza, anche il finanziamento delle misure per poter rimuovere il disallineamento deve essere effettuato all’interno del Fondo sanitario regionale, perché sono Livelli essenziali di assistenza. All’interno di questo va garantito tutto il processo di allineamento o di riallineamento delle prestazioni.
Qualcuno ha detto durante il dibattito: “A noi piace la soluzione toscana”. Solo perché è stato letto, magari, il dispaccio d’agenzia sulla soluzione toscana. Il Presidente della Regione Toscana la pensa come il collega Conca. Siccome lo dirà lui, io lo anticipo. Il Presidente Rossi pensa che l’attività libero-professionale vada eliminata. Ovviamente, il Presidente Rossi sa che non lo può fare la Regione. Lo può fare soltanto il Parlamento nazionale. Per cui, noi confidiamo che il collega Conca faccia valere il suo punto di vista con riferimento al Parlamento nazionale. Questo è un inciso scherzoso nei confronti di questa opinione.
Il Presidente Rossi propone – ed è notizia dell’altro giorno – una legge ancora più rigorosa rispetto a quella che proponiamo noi. In quale prospettiva? Nella prospettiva del danno temuto da parte di alcuni operatori sanitari, e cioè quello di non poter introitare i compensi della libera professione. Del resto, la proposta toscana, lungi dal dire “acquistiamo le prestazioni libero-professionali e le dirottiamo sull’attività istituzionale”, dice che i tempi da dedicare alla libera professione vengono dimezzati al 50 per cento e indirizzati la metà, il 50 per cento di quel 50 per cento, allo svolgimento dell’attività istituzionale. È un paradigma, secondo me, punitivo, io che ho inteso non punire o sanzionare, ma chiamare alla responsabilità competitiva i medici per provare l’allineamento o il riallineamento o la progressione dell’allineamento. Quindi, anche questa questione relativa alla Regione Toscana, che è stata usata, è una questione che francamente non ha molto rilievo né molta pertinenza.
Certo, di qui può nascere il vasto campo delle opinioni se questo servirà, servirà poco, servirà molto, ma qui stiamo alle opinioni. Un dato di partenza è quello che la legge statale, non qualcosa che verrà, e quello sarebbe nel campo delle opinioni, ma la legge statale, ci dice che bisogna allineare i tempi. Se uno non prevede nessun rimedio, da domani mattina io, dopo che ho conosciuto questo meccanismo complesso che sta sotto, perché prima non lo conoscevo a questo livello di dettaglio, dovrò chiedere, io come tutti, l’attivazione, lo ripeto, dei procedimenti disciplinari a carico dei disallineati, ovvero, così come prevede la normativa statale, fino al rimedio più estremo della destituzione. Ma noi non vogliamo portare questo, perché noi vogliamo che il sistema funzioni. Noi non vogliamo istituire il tribunale, perché il tribunale c’è già con la legge statale. È già messo su il tribunale, ed è la legge statale, articolo 4. È già messo su il tribunale. Noi vogliamo evitare il tribunale, perché noi vogliamo, invece, dare rimedi, così come è accaduto in Emilia-Romagna, affinché ciò non accada.
Ma questa norma, che è la norma che ha appassionato di più, in realtà è la norma più ovvia, perché rinviene dall’apparato normativo statale. Le altre norme ci sembrano più importanti.
Articolo 1: monitorare continuamente l’attività e pubblicarla sui siti internet. Io ho fatto una esperienza: fino a qualche settimana fa, sui siti internet delle aziende pugliesi non c’era nulla in questa materia, nonostante ci sia un obbligo che rinviene dalla legge. Adesso, lentamente c’è qualcosa, compresa la contabilità analitica delle prestazioni libero professionali. Non c’era nulla. Ancora manca quella dell’Università. Ho fatto istanza di accesso civico all’Università, per richiedere la pubblicazione. Non sono scaduti i trenta giorni e annuncio che alla scadenza utilizzerò i rimedi, perché serve a noi come Regione Puglia, per capire. Perché è facile dire: la colpa è della Regione, la colpa è del Presidente Emiliano, la colpa è dei consiglieri regionali tutti, quando magari su un aspetto non abbiamo alcuna colpa.
Non abbiamo alcuna colpa, invece siamo inghiottiti da un’ipotesi di responsabilità diffusa che molto spesso non abbiamo, proprio perché non funziona il sistema di monitoraggio. Peraltro, poiché non appena ho presentato la proposta di legge, generosamente, tanti operatori del Sistema sanitario si sono peritati di darci e darmi le informazioni migliori, quelle che potessero indirizzare al punto più specifico, ci sono state preannunciate delle cose, dalla pubblicazione dei dati, che in realtà avrebbero profili molto problematici sul piano amministrativo.
Inoltre, infine, il monitoraggio legato all’istituzione del responsabile unico delle liste d’attesa, il quale se non raggiunge gli obiettivi ha la decurtazione della retribuzione di risultato, realizza un quadro in cui la legge tiene da sola il raggiungimento di questo obiettivo e ne raggiunge un altro, lo dico concludendo il mio intervento. Raggiunge la possibilità che l’attività libero professionale sia in pareggio. Non so se voi colleghi siete a conoscenza che la legge statale richiede che l’attività libero professionale con le caratteristiche di cui vi ho detto, debba essere svolta in pareggio, nel senso che la ASL non deve subire alcuna perdita da questa attività. Uno se va a prendere il bilancio analitico e non lo trova, prende il bilancio complessivo e va a sfruculiare.
Io ho sfruculiato grazie all’ottimo ufficio che è stato istituito in questa legislatura del Consiglio regionale, e di questo do pubblico merito alla Presidenza del Consiglio regionale, alla Segreteria generale, perché sono persone in gamba, dotate. Ho sottoposto la questione. Con uno studio approfondito, sono riusciti – loro, io non ho detto nulla per non condizionare – a ricostruire la vicenda del pareggio di bilancio e sono giunti a una conclusione provvisoria, perché tutti i dati non li abbiamo, che si afferma in alcuni casi il pareggio e in altri un leggero incremento, però senza tener conto delle spese di amministrazione, delle spese generali e delle spese o, meglio, del mancato introito da ticket. Ne viene fuori uno sbilancio.
La legge, invece, dice che deve essere bilanciato. La legge statale – non la proposta di legge Amati, Cera, Colonna e Mennea – dice che, a seguito di sbilancio, che si potrebbe vedere soltanto con il bilancio analitico (che non c’è, quindi si fa una lunga ricostruzione), l’attività a pagamento dovrebbe essere sospesa.
Io ho provato a fare la mia relazione nella neutralità degli argomenti. Ho visto anche comunicazioni alla stampa che andavano un po’ oltre la neutralità, si dilungavano su questioni che non attenevano allo stretto nesso della proposta di legge. Io vorrei che il dibattito, che eventualmente dovesse svilupparsi su questo argomento, possa essere un dibattito fondato su questi dati statistici e normativi. Fuori di qui vale tutto. Fuori di qui vale il negare l’esistenza o la validità di questa soluzione come soluzione del problema e vale anche la demagogia.
Qualcuno ha detto che è una soluzione demagogica. La soluzione demagogica sarebbe stata ove fosse stata affrontata al di fuori dell’apparato normativo, ma se affonda nell’apparato normativo, nell’apparato contabile, nelle omissioni relative all’apparato normativo e contabile di rango statale, rispetto alle quali noi dobbiamo soltanto svolgere una osservazione adeguata, io devo segnalare la mia diserzione. Sarò renitente. Non si può accedere. Non risponderò mai – lo dico a tutti – a opinioni o provocazioni che vadano al di là di questo campo, così dettagliatamente descritto dal legislatore, perché è patrimonio di tutti, è sofferenza di tutti. Peraltro, ieri l’Istat lo ha anche detto in audizione alla Camera. Quando è stato sentito il Presidente facente funzioni, è stato sentito per commentare e per dare la loro opinione sulla manovra, al punto 2.5 della relazione dell’Istat dice, il Presidente facente funzioni: “La rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste d’attesa complessivamente riguarda circa due milioni di persone, il 3,3 per cento dell’intera popolazione, mentre sono oltre quattro milioni le persone che vi rinunciano per motivi economici, il 6,8 per cento”. Questo è un dato statistico di realtà rispetto al quale noi diciamo che la sanità è per i ricchi. Io ho fatto un’altra esperienza, io ho capito che il rimedio per scalare le liste d’attesa a pagamento, che teoricamente dovrebbe essere appannaggio dei ricchi, dove per ricchezza si intende sia il denaro sia soprattutto le relazioni sociali, va a finire, invece, che il ricco in questo senso è quello che ha sempre un buon amico. Per cui, il problema segnalato dall’Istat è un problema che ci tocca e tocchiamo con mano ogni giorno, tutti noi consiglieri regionali, perché noi, siccome veniamo eletti con il sistema della preferenza, cioè ci preferiscono, immagino che a me come a voi capiti che ogni giorno c’è qualcuno che ci racconti questa straordinaria esperienza umana e di vita.
Questa è la ragione per cui abbiamo deciso di presentare la proposta di legge, sulla quale vi chiediamo un’analisi neutra e la possibilità, eventualmente, di ricevere il voto favorevole dell’Aula.
Speaker : PRESIDENTE.
Vi richiamo ai tempi previsti dal Regolamento.
Il primo iscritto a parlare è il collega Pellegrino.
Speaker : PELLEGRINO.
Grazie, Presidente.
Premetto che io sono firmatario di una proposta di legge che affronta lo stesso tema oggetto di quella che oggi stiamo esaminando, che è incardinata nella Commissione III ed è ferma in attesa che il Consiglio si esprima su questa proposta di legge, che ovviamente potrebbe avere un effetto di inammissibilità rispetto alla mia proposta.
Devo dire, naturalmente, che la velocizzazione che il proponente ha voluto dare al problema ha portato all’iscrizione all’ordine del giorno di questo Consiglio, quindi mi ha costretto a spacchettare la mia proposta di legge e a presentare in questa sede gli emendamenti che sostanzialmente la riproducono.
Dico questo per significare che con grande attenzione e con grande disponibilità personale ho esaminato la proposta di legge del consigliere Amati, consigliere che io stimo molto, che ascolto sempre con grande attenzione, che esprime sempre delle lucide analisi giuridiche e fattuali sui temi che vengono discussi qui. Eppure, malgrado questa mia predisposizione d’animo nei suoi confronti, più approfondisco la proposta di legge che oggi è all’esame del Consiglio, più mi convinco che essa sia non solamente inefficace, ma che sia addirittura inaccettabile, improponibile, irricevibile, dal punto di vista del tema che vuole affrontare e che vuole risolvere.
Fatta questa premessa, tutta la discussione che oggi ha incentrato il Presidente Amati è l’antefatto. Cioè, che ci sia tutta questa legislazione che regola la materia, che le soluzioni siano previste all’interno di questa normativa, noi non lo discutiamo. Nessuno osa discutere che esistono quelle leggi e che quelle leggi disciplinino la materia. Il problema è però che la proposta di legge che noi stiamo esaminando guarda all’aspetto dell’evento. Siccome, cioè, il consigliere Amati è un giurista, è come se noi, in tema di discussione, di responsabilità civile, ritenessimo la responsabilità soltanto guardando all’evento, cioè a quello che è avvenuto in relazione, però, sia alle condotte che sono state poste in essere, sia al nesso di causalità tra le condotte e l’evento.
Scusate questa digressione, ma penso che renda bene il concetto che io voglio esprimere. Cioè: che esista un problema di equità nelle liste d’attesa è un fatto storico, è un fatto accertato, è un fatto statistico. È inutile che andiamo a cercare appigli statistici o epidemiologici, perché sappiamo che c’è un problema delle liste d’attesa, che purtroppo danneggia le classi più povere della nostra Regione.
Il tema di questo discussione, però è: la soluzione proposta dalla pdl Amati risolve questo problema o no? Questo è il tema.
Il testo che viene proposto è estremamente semplice. Non è una legge complessa dal punto di vista della sua lettura e della sua interpretazione. Si fa un ragionamento molto semplice: nelle unità operative, dove si sviluppa un disallineamento tra i tempi di attesa dell’attività resa in regime istituzionale e i tempi di attesa di quella resa in regime di libera professione, automaticamente, per dettato di legge, scrive il collega Amati, con una dizione che sembra più...
Automaticamente viene sospesa l’attività in ALPI. L’evento determina automaticamente una sanzione, senza che si sia accertato, approfondito e verificato se quell’evento è stato determinato effettivamente da una condotta riconducibile al medico che subisce la sanzione. Al medico e a tutto l’altro personale. Non dimentichiamo che l’ALPI non è un istituto che riguarda soltanto le attività del medico, ma riguarda le attività dei tecnici, degli infermieri, degli archivisti, degli impiegati, che tutti insieme realizzano questo grosso meccanismo, il meccanismo della libera professione.
La libera professione è un istituto che viene garantito non dai contratti collettivi o da che altro, ma dal sistema aziendalistico che ha voluto la legge n. 502/1992. Uno dei cardini della riforma sanitaria della legge n. 502, e successive modificazioni, è la libera scelta da parte del cittadino di farsi curare dove e da chi egli ritiene. La libera scelta è un istituto, una organizzazione, una forma organizzativa che si inserisce in questo alveo. Quindi, non la dobbiamo guardare come una forma di diversificazione che incide nella categoria dei poveri e dei ricchi, perché non è esattamente così.
Non entro nella soluzione che la mia proposta di legge dà. Se nel corso di questa discussione si arriverà all’esame dei miei emendamenti, in quella sede discuterò e spiegherò la logica che sottende la mia proposta di legge.
Oggi, però, voglio dire che nel momento in cui c’è questo disallineamento in una unità operativa qualsiasi... Nella cardiologia. Il direttore generale verifica che per l’attività istituzionale per un elettrocardiogramma ci vogliono tre mesi, invece in ALPI ci vogliono tre giorni, immediatamente – questo lo dice la mia legge, come poi avrò modo di dire – entro quindici giorni deve entrare nell’unità operativa il direttore generale e deve cercare di capire quali sono state le cause che hanno determinato questa ingiustizia e risolverli all’interno di una riorganizzazione eventuale dell’unità operativa.
Presidente Emiliano, questa cosa in realtà deve avvenire prima o dovrebbe avvenire prima, perché tutti i direttori generali dovrebbero, l’anno precedente, stabilire i budget delle attività di tutte le unità operative per l’anno successivo. Allora, in questo caso il problema verrebbe fortemente attenuato perché, se la direzione generale si incontra con le unità operative e dice “tu quest’anno mi devi fare queste prestazioni e hai queste risorse da utilizzare”, è chiaro che il problema dell’attività istituzionale diminuisce. Siccome questo sappiamo che non avviene in tutte le direzioni generali, allora è chiaro che in questo caso la legge gli imporrebbe di entrare, di penetrare nel fondo dell’organizzazione delle singole unità operative e verificare quali sono state le cause che hanno determinato il disallineamento.
A questo punto, se il disallineamento è riconducibile a una condotta fraudolenta del medico, è evidente che le sanzioni ci sono, perché stanno nella legge, fino alla destituzione del primario. Ma se, per caso, in una unità operativa questo slivellamento fosse riconducibile, sulla base dell’accertamento che la direzione generale deve fare, ad altri problemi, problemi organizzativi, problemi di fermo che derivano da cento altre motivazioni, come si fa ad attribuire la responsabilità a tutti i componenti dell’organizzazione ALPI, cioè dell’attività in ALPI. Ecco perché la legge che viene proposta ha un limite insuperabile, che è quello di focalizzare una decisione, una sanzione nei confronti di un sistema, il sistema ALPI, senza verificare se all’interno di questa unità operativa dove si è verificato questo slivellamento ci sia effettivamente una causa riconducibile all’ALPI stessa.
Questa è la mia posizione. Quindi, quando il consigliere Amati dice che ad oggi, in base ai dati statistici, il direttore generale dovrebbe mettere sotto inchiesta tutti…
Speaker : AMATI.
Inchiesta?
Speaker : PELLEGRINO.
No, procedimento disciplinare. Mi scusi, ho sbagliato. Lei, collega Amati, ha detto che la direzione regionale dovrebbe aprire procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i primari nei confronti dei quali c’è questo accertamento dello slivellamento.
Non è così. Al limite, sarebbe il direttore generale a dover essere sottoposto a procedimento disciplinare, perché la responsabilità della programmazione budgettaria, che è prevista dalla legge 38 della Regione, ricade sul direttore generale, non sui primari. Quindi, la situazione è molto complessa. E mi sembra che la soluzione proposta è troppo semplice per essere vera, per essere attuabile e per essere efficace.
Io quindi mi riservo, se entreremo nel merito di illustrare gli emendamenti che io ho indicato per questa proposta di legge. Per il momento mi fermo qui. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Consigliere Romano Pino.
Speaker : ROMANO Giuseppe.
Grazie, Presidente.
L’argomento si presta a tante cose, quindi bisogna stare molto attenti, perché all’esterno di quest’Aula potremmo apparire come i difensori delle liste d’attesa e quelli che vogliono colpire e gambizzare quelli che non sono d’accordo.
Io richiamo un po’ le cose che abbiamo detto anche sul gioco d’azzardo nell’ultimo Consiglio regionale. Siamo tutti convintamente convinti che bisogna affrontare l’argomento e risolvere l’argomento della lista d’attesa. Naturalmente, tutta la discussione, l’intervento che ha fatto il collega Amati, questa ricostruzione anche della competenza dello Stato rispetto alla competenza regionale, eccetera presenta una situazione che il giorno dopo potrebbe essere affrontata e risolta. Io mi sento di dover dire, in questa sede, che la prima legge nazionale, la prima norma nazionale che viene disattesa è l’applicazione in Italia dei LEA. Ogni tanto escono le graduatorie, e per quelle graduatorie, in alcune Regioni il livello essenziale di assistenza è riconosciuto, in altre Regioni è disatteso, in altre Regioni ancora è disapplicato.
Dire questo, non significa affrontare l’argomento con la categoria della demagogia, ma vuol dire mettere concretamente le mani dentro le contraddizioni di un sistema. Richiamare l’Emilia-Romagna come regione “brava” nell’essere riuscita ad abbattere il tema della lista d’attesa è un eufemismo, secondo me, perché in Emilia-Romagna, cioè, nella lista d’attesa, come giustamente richiamava il collega Amati, la risorsa umana professionalizzata è fondamentale. Se in una regione abbiamo dieci chirurghi in più, che magari fanno anche la bariatrica (in Puglia la bariatrica non si fa; abbiamo una mobilità passiva), è evidente che quella regione è brava. Noi siamo in difficoltà.
La risorsa finanziaria applicata al sistema sanitario è ininfluente in questo nostro Stato? Lo dico io che vengo da una storia politica particolare. Lo posso dire anche rispetto al centrodestra. Il primo intervento che ha posto il tema della spesa in sanità è stato il primo Governo Prodi con la Ministra Bindi, quando individuò nel 1998 la spesa storica, dalla quale poi, successivamente, sono stati agganciati i tagli delle risorse umane impiegate.
Poi c’è stato un secondo Governo del centrosinistra, quello di Prodi, che introdusse come fatto costituzionale il pareggio di bilancio. La sanità non è più diventata cache. Non c’è stata più la possibilità di affrontare questo argomento con le categorie del modello organizzativo.
Nel frattempo, in questi 10-15 anni, sono successe tante cose. E ne accadranno ancora di più. La tecnologia applicata alla medicina ha introdotto analisi che sono state tolte alla competenza del medico come individuazione del problema e passate alla ricerca. Come sono aumentate, si sono moltiplicate le esigenze di cura. Come sono aumentate anche le conoscenze della materia.
Il medico, al quale ogni tanto arriviamo a dare botte, pugni, mazzate, quello che vogliamo, il problema del sistema sanitario nazionale, è diventato sempre più debole nel rapporto con il cittadino. Qualche collega qui mi sta guardando con attenzione. Tutti questi rapporti, questi aspetti hanno modificato la figura del medico di base, che era il prescrittore primo del fabbisogno diagnostico. È venuto meno questo rapporto fiduciario, tanto che è diventato sempre più tecnico.
A questa domanda di liste d’attesa si è aggiunto anche un altro aspetto della medicina: la medicina difensiva, cioè la difficoltà del professionista a diagnosticare, se non dopo una serie di cose che accadono nel campo del ricovero ospedaliero, ma anche della prescrizione più in generale.
Queste questioni non possono non essere considerate; diversamente, come ho cercato di dire anche pubblicamente, la questione viene affrontata con le categorie amministrative, e non può essere così. Io sono un convinto sostenitore della concertazione nel campo della sanità, nel rapporto con le professioni mediche e sanitarie che stanno dentro il sistema sanitario in generale. Noi non possiamo non riconoscere che oggi il sistema pugliese risponde alla lista d’attesa con 4.000 unità in meno rispetto a dieci anni fa. Di queste 4.000 unità 1.200 sono medici. È evidente che il modello organizzativo che lei pretende di applicare per affrontare e risolvere queste questioni non è più quello di qualche anno fa.
Io cerco sempre di capire e ho una mia regola: mi tolgo la giacca e metto la giacca dell’interlocutore per comprendere lui come reagirebbe e io cosa farei rispetto alla posizione che occupa lui. Da quello che è stato detto in quest’Aula la prima reazione che si può avere del sistema sanitario pugliese qual è? Ho fatto, anch’io, delle domande specifiche. Scompare l’intra moenia. Scompare l’intra moenia. Diventiamo tutti medici pubblici. D’altronde, se l’intervento del direttore generale è l’applicazione di dati statistici, mi mette in grosse difficoltà. Allora, preferisco essere un medico pubblico e poi magari faccio altro, ma il “faccio altro” che cosa vuol dire? Emerge il nero? O non viene gestito il nero? E la lista d’attesa come diritto negato come viene affrontata in questa cornice?
Ecco perché io non credo che questo aspetto possa regionalizzarsi. Noi siamo in presenza di una legge che ha riconosciuto il diritto alla prestazione, alla buona cura e alla buona pratica che ormai data quarant’anni. Se noi non cominciamo da quello che è successo dopo quarant’anni, e sto parlando della legge di riordino del sistema, se noi non partiamo da lì per rivedere il modello organizzativo e per adeguare il modello organizzativo ai bisogni dell’oggi, alla conoscenza dell’oggi, alla domanda dell’oggi, noi stiamo facendo soltanto una discussione accademica, che non sposta di una virgola il problema che abbiamo dinnanzi. Anche perché rispetto a quel problema ritengo, per quello che mi riguarda, che non possiamo presentarci come la politica divisa. Anche questo è figlio dei tempi, anche questo tipo di discussione è figlio dei tempi: chi sta di qua e chi sta di là.
Io credo, e mi fermo, poi vediamo cosa succede nella discussione, che noi come politici bisogna stare un po’ attenti a questo approccio con le questioni delicate, complesse, del governo complessivo del sistema sanitario. Quanto più alziamo la voce, infatti, tanto più si abbassa la fiducia verso il sistema stesso; quanto più lievita la domanda, in modo esponenziale, tanto più finanziamo la mobilità passiva, perché cade la credibilità verso il sistema stesso.
Il tema delle liste d’attesa può essere affrontato soltanto con categorie di riordino complessivo del sistema, con un diverso utilizzo della risorsa finanziaria applicata in materia sanitaria. Noi abbiamo introdotto i pareggi di bilancio da cui sono nati i piani di rientro. Il blocco del turnover: questo meccanismo ha aiutato a superare le difficoltà o ha appesantito il sistema?
Noi siamo consapevoli che negli ultimi sei anni, con il blocco del turnover, oltre al personale che abbiamo perso (personale altamente specializzato, parliamo del professionista), oltre a questo, è lievitata l’età media della risorsa umana impegnata nel sistema sanitario. Allora abbiamo meno personale e l’età media che è avanzata: è chiaro che le difficoltà vengono raddoppiate dal modello con il quale dobbiamo fare i conti successivamente.
Speaker : PRESIDENTE.
Consigliere Colonna.
Speaker : COLONNA.
Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti i presenti, colleghi, Presidente.
Se non facciamo niente non siamo niente: è il passo di un film recente, La forma dell’acqua, che vi consiglio. Se non facciamo niente, non siamo niente. Perché dico questo? Perché credo che nella proposta in discussione, che ha la mano decisa, oltre che come primo firmatario, di Fabiano Amati, e che mi ha convinto sin dal primo momento, in realtà vedo più delle domande una risposta. È una domanda che pone a tutti quanti noi quella proposta di legge. Ci ha indotto tutti a confrontarci con dati di realtà, che sono quelli esposti da Fabiano Amati con estrema dovizia e con estrema perizia nel suo intervento poco fa.
Quella proposta di legge ha posto delle domande. Il dibattito che si è sviluppato a lungo in tutti questi mesi ha onorato quelle domande. I tentativi di risposta sono venuti. I suggerimenti sono arrivati. Sono arrivate le contestazioni. Si è aperto un dibattito che credo abbia nobilitato anche quest’Aula. Credo capiti raramente l’apertura di una stagione di confronto sul merito delle questioni. Credo che questo tema abbia oggettivamente aperto le nostre menti. La mia sicuramente per prima.
Come ricordava bene Fabiano, questa proposta di legge non fa altro che iscriversi in una cornice istituzionale normativa ben precisa, quella segnata dalla legge n. 120/2007, quella che impegna con il suo articolo 1, comma 4, tutti quanti noi, le Regioni, a garantire, attraverso le aziende ospedaliere, con integrale responsabilità propria, che dell’attività libero-professionale venga assicurato il corretto esercizio e sia svolta nel rispetto di una serie di princìpi, indirizzi, criteri che la legge n. 120 stessa va a fornire.
A tutti quanti noi, a me per primo, sicuramente, la sottoscrizione di quella proposta di legge ha aperto un mondo. Mi ha allargato le vedute. Quella legge nazionale impegna tutti quanti noi. Già questi mesi hanno segnato una oggettiva evoluzione sul campo. Noi dobbiamo ritenerci già soddisfatti, in primo luogo il primo firmatario, dell’esito di questo tentativo di risposta alle domande poste, perché solo in questi mesi oggettivamente ci si è posti concretamente il tema della trasparenza dei dati, con i risultati sotto gli occhi di tutti, ci si è posti il tema del monitoraggio, ci si è posti il tema del vincolo di destinazione di quella quota parte degli introiti dell’attività libero-professionale intra moenia, il 5 per cento, destinato ad abbattere le liste d’attesa con progetti specifici delle singole aziende ospedaliere, e ci si è posti il tema anche della prevenzione, come dice il 120, di quelle situazioni che possono determinare l’insorgenza di un conflitto di interessi o di forme di concorrenza sleale, con la fissazione anche di sanzioni disciplinari.
Questa materia è diventata consapevolezza di tutti. Io non voglio offendere nessuno, parlo di me: questo era un mondo che era sottaciuto ai più e che la presentazione di quella proposta di legge ha fatto emergere con forza e urgenza, con la forza e l’urgenza delle domande. Poi c’è il tentativo di risposta e quel tentativo di risposta offerto si iscrive, esso stesso, in perfetta linea con quel quadro di princìpi, di criteri che la norma nazionale impone, guida, fornisce alle Regioni, quello di preoccuparsi di garantire, dinanzi a un oggettivo disallineamento dei tempi, che ha poco o non ha solo a che fare con una carenza di personale, perché stiamo ragguagliando situazioni omogenee a parità di personale.
Allora, dinanzi a un oggettivo disallineamento, che è un problema di cui tutti sono consapevoli, di cui è consapevole per primo il Governo regionale, che sta compiendo degli sforzi enormi, che sono sotto gli occhi di tutti, io condivido la responsabilità e la fatica del Presidente Emiliano e in più occasioni, anche prendendomi rimbrotti, qualche battutaccia di troppo, ho condiviso la fatica di un governo del sistema sanitario regionale che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. La fatica e il sacrificio del piano di riordino, gli investimenti nel sistema di riorganizzazione e attrezzature, il potenziamento in corso del personale dopo dieci anni di blocco del personale del sistema sanitario regionale: concorsi in atto, centinaia di posti di lavoro, nuovo fabbisogno, il prossimo fabbisogno articolato dalle varie ASL che verrà recepito dalla Giunta regionale. I passi in avanti sono enormi, sotto gli occhi di tutti. Non so se poi i frutti, anche, in termini politici, di questo lavoro, della durezza del lavoro, della fatica e della responsabilità, Presidente, saranno colti da chi si è assunto l’onere. Però, qui e ora, col senso del tempo breve che ci tocca – ci tocca nella vita, e tanto più nelle Istituzioni e nella politica –, ci tocca fare il nostro lavoro: a ciascuno il suo.
Ebbene, dinanzi a questo quadro, la domanda è: cosa fare dinanzi a un oggettivo disallineamento? Ha ragione Paolo Pellegrino, lui stesso si è dato la risposta. Vale a dire: dinanzi a situazioni complesse, questioni complicate, la risposta non può essere né la sofisticazione – riorganizziamo, valutiamo, nuovi assetti e così via –, né la banalizzazione. Voglio essere chiaro, come Fabiano: io sono per difendere fino in fondo l’attività libera professionale intra moenia dei nostri medici, perché questa è una ricchezza del sistema pubblico. Noi, e questo era l’obiettivo di quella formulazione nazionale originale, dobbiamo tenerci stretto al sistema sanitario pubblico il fior fiore delle professionalità, le eccellenze. Dobbiamo metterle in condizione di svolgere la loro attività professionale all’interno del sistema sanitario. Questo è un elemento aggiunto, di valore: magari si potesse estendere ad altro tipo di professionalità.
Questo è un valore aggiunto, quindi la risposta a quella sì, banale, cancelliamo l’attività intra moenia nel sistema sanitario. Questa è una banalità, questo sì, è populismo. Però a noi tocca, qui e ora, di fornire le possibili risposte a quelle domande. Se non facciamo nulla, non siamo nulla.
Dinanzi a questo, allora, le risposte devono essere necessariamente semplici. In quella cornice di regole, di rispetto che ci prescrive la norma nazionale e che ci ha ricordato anche in più occasioni anche la Corte costituzionale, perché questo ormai è chiaro. Mi fa piacere che sia stato ormai sgombrato il campo da sospetti di incostituzionalità, ogni volta viene evocato questo sospetto ad ogni piè sospinto in maniera del tutto arbitraria, quando il profilo di costituzionalità nasce anche, o la costituzionalità, che non è qualcosa di immobile, statico, scolpito nella pietra, ma si misura giorno per giorno in un gioco di equilibri, di contrapposizioni, di contrasti tra il sistema delle autonomie e il Governo centrale. Non è questo il tema. Tanto più, sgombrate il campo anche dagli argomenti che la Corte costituzionale in tante occasioni, da ultimo con la sentenza del 2015, di cui leggerò dopo un passo importante che chiude il mio intervento, ci ha ricordato.
Questo è un tema che ha a che fare con la tutela della salute e si iscrive in quella materia concorrente di cui parla il 117, comma 3. Come è organizzata quella attività libero-professionale all’interno del sistema sanitario pubblico regionale ha a che fare con noi, con il livello di garanzia di salute che assicuriamo ai nostri cittadini. Quindi, non c’è in tutto quello che stiamo dicendo e che stiamo proponendo con la cautela di chi non si sente depositario di alcuna verità, ma che si propone semplicemente di esercitare un dovere, il dovere delle domande dinanzi alla realtà e il dovere di tentativi di risposta. Quello che non possiamo permetterci è dire di non fare nulla, di fatto avallando l’idea che nulla debba cambiare. Questo non va.
È una proposta che si muove in quella cornice di garanzia, di tutela. Soprattutto, mi piace e mi ha motivato anche nel mio intervento un’espressione che più volte ricorre nella norma nazionale e che Fabiano ha sottolineato, anche se non con la dovuta enfasi: il concetto di responsabilità. Questa è una norma che chiama tutti alla responsabilità. Noi, il sistema sanitario e il nostro personale medico. Quelle eccellenze, quelle professionalità che dobbiamo difendere, che sono un patrimonio inestimabile, quella responsabilità che ha visto lei per primo, Presidente, consumarsi in anni, prendendosi schiaffi, anche, rimbrotti, critiche, che ha portato a quel riordino del sistema sanitario. Quella responsabilità la dobbiamo portare fino in fondo e chiamare non solo noi alla responsabilità, ma anche gli operatori alla loro responsabilità.
Chiudo richiamando un passo della sentenza n. 54/2015 della Corte costituzionale proprio su questo tema, confermando quali sono gli ambiti delle competenze, e i limiti delle competenze anche legislative regionali, e confermando la competenza legislativa regionale in questa materia. Scrive, la Corte: “Questa materia ha una stretta inerenza con l’organizzazione del servizio sanitario regionale e, in definitiva, con le condizioni per la fruizione delle prestazioni rese all’utenza, essendo queste ultime condizionate – quindi la salute dei cittadini – sotto molteplici aspetti, dalla capacità, dalla professionalità e dall’impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi e, segnatamente, di coloro che rivestono una posizione apicale”. Ebbene, noi non facciamo altro, con questa legge, che inserirci, iscriverci in questa cornice di princìpi, di regole, con estremo rispetto. Diciamo semplicemente che siamo tutti chiamati a una responsabilità, perché la condizione dell’uomo, oltre che della politica, è nell’opera, in quello che fa, non in quello che siamo o in quello che vorremmo essere. È nell’opera che si misura l’uomo.
Del resto, come richiamava la buona Simone Weil, l’uomo non ha alcun potere, eppure ha una responsabilità. Ebbene, in questa cornice anch’io mi sento di confermare ancora il sostegno a questa proposta di legge, nell’esercizio delle funzioni che mi competono, di legislatore che guarda all’esterno con estremo rispetto, ma che chiama tutti a condividere una responsabilità nei confronti degli utenti, perché noi dobbiamo garantire, come recita il 120, ancora una volta, non solo il progressivo allineamento, ma non è un fatto di numeri, di tempi, ma garantire che l’attività libero-professionale sia resa in modo tale da assicurare che il ricorso a quest’ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza dell’organizzazione dei servizi resi nell’ambito dell’attività istituzionale. Deve essere una libera scelta, non una scelta necessitata. Ebbene, tutti sono chiamati a una responsabilità.
Speaker : PRESIDENTE.
Grazie.
La parola al collega Conca.
Speaker : CONCA.
Grazie, Presidente.
Io dico subito che voteremo a favore della legge, non foss’altro perché ricalca l’essenza di quella che abbiamo presentato a dicembre del 2017, durante la sessione di bilancio di previsione allorquando nel bailamme e nel turbinio di emendamenti non si diede peso e si bocciò: lo stesso Amati, Emiliano e la maggioranza bocciarono questo emendamento, che di fatto voleva intervenire sul disallineamento bloccando in automatico, sulla scorta della settimana-campione.
Bene. Ciò premesso, io voglio fare alcune precisazioni. L’intra moenia, che è stata istituita ormai 26 anni fa, sono 26 anni che ha dato prova del suo fallimento, e per questo io sono per la sua abolizione, che poi in realtà è un superamento, perché esisterebbe una sorta di intra moenia pubblica. Il problema reale è che nei Paesi dove esiste, la lista d’attesa esiste sull’intra moenia, non esiste sull’istituzionale. Se io voglio andare a farmi visitare dal dottor Pellegrino, dal dottor Romano o dal dottor Amati, perché sono dei bravi luminari, e so che c’è tanta gente che vorrebbe andarci, io pago e attendo il mio turno.
Diversamente, mi accontento della struttura pubblica che mi dovrebbe erogare una prestazione istituzionale nei tempi ragionevoli. Tant’è che si cita la 120 del 2007: io dovrei citare la 124 del 1998, che ha previsto, allora, la possibilità, per gli utenti del sistema sanitario regionale, di poter accedere ad una prestazione allorquando i tempi urgenti, brevi, differibili e programmabili del pubblico non fossero rispettati. Chissà perché quando si è trattato di adeguare lo stipendio dei direttori generali alla 502 si è richiamato il ’92; quando invece si deve dare un’assistenza in tempi ragionevoli ad un cittadino pugliese, in questo caso, i CUP rifiutano di accogliere e di certificare l’indisponibilità dell’Istituzione pubblica nell’erogare il servizio. Quindi, quella prestazione che poteva essere erogata in regime ALPI, dietro la sola corresponsione del ticket non viene mai effettuata, salvo qualche testardo che fa causa alla ASL Bari e vince, e poi andiamo a pagare anche le sanzioni.
Il sistema allora ha fallito, per questo io sono contrario, ma previa riforma del sistema sanitario, perché io tutti i giorni ricevo denunce di storture che puntualmente rappresento al Presidente Emiliano. Non ultima una di ieri sera, dove noi abbiamo una lista d’attesa per la stadiazione di un tumore da fare all’oncologico e avevamo la PET mobile al Policlinico ed erano più veloci. Oggi abbiamo la medicina nucleare e si arriva a marzo per una prima diagnosi dove, dopo tre cicli, devi fare il controllo con la PET. Questa paziente è andata a Napoli a fare la visita dove in una struttura lavorano anche di domenica. Evidentemente dovremo pagare in mobilità passiva quel trattamento.
Quello che manca oggi è il controllo. Questa legge, di fatto, è già contemplata in norme nazionali e in regolamenti aziendali. Oggi si introduce un RULA, si introduce un sistema sanzionatorio, ma di fatto era già previsto il licenziamento del direttore generale. La verità è che nessuno controlla.
Non si può dire che questa legge vuole limitare la professione medica. Assolutamente. Sapete che nessuna categoria professionale ha la possibilità di decidere ogni anno, nel mese di novembre, se aderire al regime di intramoenia o di extramoenia. Chissà perché, quando si arriva in prossimità della quiescenza, puntualmente, tutti diventano esclusivisti. Devono maturare una pensione più alta.
È evidente che c’è una sorta di ingiustizia all’interno della categoria medica ed è questa la motivazione per cui è necessario riformare il sistema sanitario nazionale. Oggi il medico ospedaliero, che sta in trincea, rischia di prendere le mazzate, rischia il penale, fa i notturni, fa i festivi, fa le reperibilità, è chiaro che se guarda all’amico medico di famiglia piuttosto che al pediatra di libera scelta si sente un po’ di friggere, diciamo così per non essere volgari.
È chiaro che se io percepisco uno stipendio medio di 3.000 euro e poi devo guardare un massimalista che con le PIP, con il “Care Puglia”, con l’accordo integrativo regionale del 2007, dove puntualmente ci mettiamo dei soldi, deve andare a percepire circa 8.000-9.000 euro, io dico: “Come? Io mi sono specializzato e ho studiato cinque anni post laurea. Lui ha fatto un corso di medicina generale di tre anni e io guadagno un terzo”. È chiaro che incoscientemente quel medico tenterà in tutti i modi di rendere inefficiente il sistema allungando le liste per essere appetibile sotto la tempistica, quindi nella libera professione.
Qualche giorno fa scrivevo a Emiliano di una risonanza magnetica all’ospedale San Giacomo di Monopoli, dove è pronta e sotto cellophane, però, guarda caso, c’è un dirigente medico radiologo che ha lo studio privato di fronte. Ci sarà un conflitto di interessi? È evidente che, se tu devi operarti alla neurochirurgia del Santissima Annunziata, dove peraltro c’è un primario che fa caporalato bianco sugli aiuti, se non vai a pagargli la visita, dopo un anno e mezzo non ti chiama nessuno. Ed è chiaro che in gastroenterologia, sempre lì, ma le strutture complesse sono uguali un po’ ovunque, di quelle vi posso dare contezza perché ci sono andati anche i NAS e ne ha parlato anche la stampa, addirittura si finge proprio, non passi proprio dal CUP ALPI, ma passi dalla linea del cellulare.
È evidente che questa legge non risolverà il problema delle liste d’attesa, non lo risolverà perché noi siamo italiani in quanto tali ci adegueremo, aumenterà il nero, si allungheranno probabilmente ulteriormente, ma è un atto di giustizia sociale, la stessa che va ripristinata nella classe medica, dove a livello centrale… E queste cose al Ministro gliel’ho già trasmesse, nella speranza che trovino un accordo con la Lega, ma il coraggio soprattutto. Ruolo unico del medico, dove tutti prendono lo stesso stipendio, dove tutti sono dirigenti medici, perché oggi abbiamo i “centodiciottisti” che sono convenzionati, quindi oggi dobbiamo vedere per l’AREU come funziona per evitare di avere ricorsi. Loro sono, rispetto a tutti gli altri, figliastri evidentemente. Abbiamo il medico di famiglia o il pediatra che preferisce la convenzione, perché lavora due ore al giorno, perché il sabato e la domenica sta a casa, perché la notte può dormire, che prende le ferie e si chiama il sostituto, ma è evidente che c’è una sorta di disparità.
L’intra moenia oggi ha fallito nei fatti, perché nessuno può falsare dei dati che la Regione, tramite InnovaPuglia, prende. Se c’è un disallineamento a parità di prestazione e di medico, è evidente che tu ti devi bloccare, e ti devi bloccare perché quello che manca nel sistema sanitario regionale pugliese, forse manca anche in altre regioni, ma qui è sicuro, è il controllo da parte delle direzioni sanitarie di presidio, delle direzioni sanitarie generali, dove assolutamente non si va a verificare se l’intra moenia viene fatta dopo le ore di lavoro. D’altronde, è emblematico il caso del Fazzi, dove su novanta medici sessanta stavano operando durante le ore di servizio, senza neanche sbeggiare, che comunque non si può fare perché è una forzatura. È evidente che non c’è assolutamente controllo. È chiaro che, quando uno sta male, preferisce rinunciare ad una gita piuttosto che ad un pasto più succulento, per curarsi o, come dice l’Istat, ci sono 2 milioni che hanno rinunciato a curarsi non per scelta ma perché non hanno i soldi per curarsi. È evidente che questa è una stortura che tutti noi conosciamo, perché tutti voi ricevete sollecitazioni per poter bypassare una lista, per poter avere un posto-letto.
Oggi c’è chi dice che se noi abolissimo la libera professione – o addirittura se passasse la legge Conca che Amati ha replicato, ma che tutti gli altri dovrebbero sottoscrivere per dovere e senso civico nel rispetto di 4.090.000 pugliesi – è evidente che qualcuno paventi il fatto che se ne andrebbero tutti in extra moenia. Forse non è chiaro che oggi i medici diventano bravi e appetibili perché possono gestire sale operatorie e corsie ospedaliere. Questo succede in tantissime specialità.
Io questo ho chiesto al Governo centrale. Due anni fa, anzi, a luglio del 2016, io ho presentato una mozione, in Regione, che mi fu bocciata: voleva impegnare la Giunta ad andare a Roma, dal loro Governo di centrosinistra a dirgli che questa libera professione così com’è stata testata in 26 anni, ha fallito, ha creato figli e figliastri, ha fatto in modo che chi poteva curare, perché l’intra moenia è tale quando io devo pagare perché scelgo quel medico, oggi non sia più una libera scelta, ma è un obbligo se ti vuoi curare in tempi ragionevoli.
Se questo è un dato oggettivo e inconfutabile, qualcuno lo confutasse, perché magari io non ho approfondito a sufficienza, è chiaro che questo è il minimo sindacale che si può fare in una Regione, nelle more che lo Stato centrale capisca che dopo 26 anni dalla 502 oggi dobbiamo modificare il sistema sanitario, visto che dal 78, dopo 14 anni hanno fatto l’aziendalizzazione che, per carità, è una cosa sacrosanta, l’ASL è un’azienda sanitaria. Il problema vero è che le ASL non hanno convertito tutti i processi produttivi, non hanno utilizzato i sistemi aziendalistici, che per un’azienda vuol dire profitto, per una ASL vuol dire salute.
Noi oggi ci ritroviamo a non avere denari perché tutto ciò che è indifferibile come la cronicità, come l’emergenza-urgenza, assorbe tante risorse. È chiaro ed è evidente che in questa maniera noi non avremo la possibilità di aumentare la specialistica ambulatoriale, che è quella più sentita. C’è gente che muore senza essersi mai ricoverata in un ospedale. La percezione di malasanità non è il fatto di aver avuto un caso di malasanità in un intervento, per una infezione ospedaliera o per altre questioni. No. Semplicemente il non aver avuto assistenza di prossimità, assistenza in tempi ragionevoli. Quindi, oggi ci ritroviamo nella condizione che i pugliesi, come tutti gli italiani, pagano almeno quattro volte il sistema sanitario. Lo pagano dalla fiscalità generale, con il Fondo sanitario nazionale; lo pagano con il ticket e con la stortura del super ticket; lo pagano con l’intramoenia o, peggio ancora, con l’extramoenia; lo pagano con i costi sociali, diretti e indiretti, di tutti quei 60.000 pugliesi che nel 2017 sono dovuti andare fuori regione.
A quei 341 milioni di mobilità passiva vanno aggiunti almeno altri 60 milioni di costi sociali, perché devo andare a Milano a curarmi, con il paradosso che noi limitiamo con tetti di spesa le nostre strutture private pugliesi e poi non abbiamo tetti altrove. Questa è una cosa che non si può sentire.
Rientriamo quei budget di chi va a Villa dei Pini in Umbria a farsi il dito a martello o facciamo alta complessità con progetti. Dobbiamo capire che la gente si muove, va fuori regione, si porta il parente, il congiunto e va a fare le visite, nelle more che il pubblico funzioni. Per far funzionare il pubblico è evidente che una riforma è necessaria.
Oggi lo Stato ripartisce il fondo con costi standard che il Presidente Emiliano avrebbe dovuto non firmare due anni fa e che sono ingiusti verso le regioni del sud, che sono più vecchie rispetto alle regioni del nord. Bene. Dopo aver rivisto i costi standard e dopo aver introdotto nel silenzio più assordante il pareggio di bilancio nel 2012, l’unica deadline, l’unica scure che deve insistere sul sistema sanitario regionale è il pareggio di bilancio. Dopodiché, tutti gli altri vincoli devono cadere, sennò non si danno attenuanti alle regioni, sennò è un cane che si morde la coda.
Se poi uno Stato ci dice che dobbiamo assumere in maniera direttamente proporzionale al risparmio sui 300 milioni di spesa farmaceutica che noi facciamo in più rispetto al miliardo, che è il massimo consentito, è chiaro che se io non posso assumere il farmacista, non posso far lavorare la farmacia ospedaliera, non posso fare la dimissione protetta, non può tornare a casa il paziente con il primo ciclo di cure al quale do il disagio di andare dal medico o dalla guardia medica per poi andare in farmacia convenzionata, poi vado a gravare quella spesa sul medico di famiglia al quale vado a dire che prescrive troppo. Grazie, deve fare anche la parte dell’ospedale! Quindi, manca quella prevenzione, che poi spesso finisce in una ospedalizzazione eccessiva, perché noi siamo italiani e la furbizia ce l’abbiamo sempre: o andiamo al pronto soccorso fingendo di star male, oppure chiediamo di essere ricoverati per fare tutti gli esami di routine, senza pagare il ticket, senza dover combattere con le liste d’attesa.
Io chiedo all’Aula, e l’avevo chiesto in maniera meno appassionata a dicembre 2017, di votare questa legge, perché non cambierà assolutamente nulla, nel senso e nella misura in cui il medico continuerà a fare il medico. Poi qualcuno mi dovrà dimostrare perché una diagnostica per immagini del pubblico fa cinque esami al giorno e poi la stessa macchina in una struttura privata ne fa trentacinque. Qualcuno vuole applicare il taylorismo in queste strutture pubbliche? Sennò, i piani di riordino altro non sono che un suicidio economico, perché se noi tagliamo posti letto, che insieme alla specialistica sono l’unica fonte di ricavo per la struttura sanitaria regionale, è evidente che avremo lasciato intatta la dirigenza amministrativa, i costi opportunità rimarranno un costo sempre più pesante, tutta la struttura rimarrà in piedi e noi non potremo avere il DRG, il nomenclatore tariffario.
Nelle more che al Governo si trovi la quadra per riformare un sistema che sta collassando, perché il sistema Beveridge è un sistema universalistico e solidaristico, e noi rischiamo di perderlo in favore di mutue tedesche o francesi, oppure, peggio ancora, di sistemi assicurativi americani.
Io, quindi, non posso che esortarvi ancora una volta a votare questa legge, perché è un atto dovuto, che non risolverà il problema, ma è un atto dovuto ai cittadini.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Grazie.
La parola al collega Zullo.
Speaker : ZULLO.
Grazie, Presidente.
Colleghi consiglieri, è in voga, negli ultimi mesi, negli ultimi anni, e penso sia stato Renzi a inaugurare questa stagione, una politica ipocrita, demagogica, che parte dall’idealizzazione di una figura che toglie, che toglie agli altri.
La Lega prima identificava questa figura nel terrone, nella Roma ladrona, che toglieva ai settentrionali. Poi l’ha identificata nell’immigrato, che toglie a tutti.
Il Movimento 5 Stelle ce l’ha un po’ con chi sta meglio, con chi nella vita si è realizzato, magari impegnandosi, e nel momento in cui sta meglio toglie qualcosa a qualcuno.
C’è chi oggi criminalizza quel medico che fa attività libero professionale perché deve essere mandato in pasto a un’opinione pubblica, opinione pubblica che effettivamente soffre per i lunghi tempi di attesa, quando richiede prestazioni.
Però, questi soggetti che idealizzano la persona, o colui che toglie, non sono però capaci di dirci qual è l’organizzazione, quali sono gli interventi che noi dobbiamo mettere in atto per poter assicurare i giusti diritti alle persone che si affacciano al servizio sanitario regionale. Non c’è mai una proposta che dica, a 360 gradi come dobbiamo riformare il sistema. Chi ha parlato prima di me dice: io ho scritto al Ministro Grillo; allora vediamo cosa saranno capaci di fare, perché quando parlano, ripeto, per venti minuti le dicono tutte. Vediamo cosa saranno capaci di fare a livello nazionale, visto che ora governano loro. Finora era comodo dire: la vecchia politica. Sì, noi siamo la vecchia politica; ora ci sono loro. Che diano dimostrazione di quello che fanno e di quello che faranno.
Noi, caro Presidente, non voteremo, non accoglieremo l’appello accorato di Conca a votare la legge, non sia mai. Noi siamo convinti infatti che se questa legge passa così com’è allungherà le liste di attesa, non le ridurrà, allungherà i tempi di attesa, ne siamo convinti. Noi riteniamo che chi ha tolto alla collettività pugliese sia stato il Governo regionale di questo centrosinistra che dal 2005 governa la Puglia: dal 2005. Ed è iniziata, questa nemesi, da quando governava la prima Giunta Vendola, con il buon collega Amati, assessore di quella Giunta. Da lì è iniziata la nemesi. Prima certo, i tempi di attesa erano lunghi, però da lì è iniziato il mancato rispetto del patto di stabilità, la questione del Piano di rientro, i piani operativi, l’impossibilità alle assunzioni, la determinazione fissa dei tetti di spesa, la riduzione delle ore di specialistica ambulatoriale interna, da lì è iniziata la storia. Ed è iniziata perché quella Giunta si formò su un assunto inconcepibile: quello di eliminare i ticket farmaceutici e quello di riaprire gli ospedali. Su questo si è fondata tutta la nemesi della sanità pugliese e oggi ne paghiamo le conseguenze insieme a cittadini che pagano surplus di tassazioni IRPEF, super ticket, pagano anche l’euro per la ricetta farmaceutica.
Riteniamo che tutta la materia dell’attività libero-professionale sia ben regolata da norme nazionali e da norme contrattuali. Quando si dice che nelle ASL mancano i controlli è falso. Non mancano solo i controlli. Manca l’idea gestionale di un’azienda che si fonda su un ciclo che va dalla programmazione, dalla budgetizzazione al controllo, perché le norme nazionali e i contratti dicono che io medico quando devo fare l’attività libero-professionale sono assoggettato a una contrattazione con l’azienda, dove i volumi prestazionali in attività libero-professionali non devono superare il 50 per cento dell’attività istituzionale. Se questa fosse compiuta nelle aziende, non ne staremmo a parlare. Già in fase di programmazione delle attività. Poi segue il controllo.
Questo Servizio sanitario regionale è guidato da questo centrosinistra che dal 2005 ha tolto ai pugliesi. Ha tolto in termini di personale. Noi abbiamo avuto in questi anni la legge Fornero, che è stato un incentivo all’esodo di primari, di medici eccetera, depauperando le strutture sanitarie con il divieto di assunzione, quindi con l’impossibilità a sostituirli. Quando parliamo di medici, ricordate, non possiamo parlare solo dei medici, ma delle équipe sanitarie. Un medico, per poter rendere, ha bisogno intorno a sé dei supporti, che possono essere infermieristici o di altra natura.
Quando parliamo di disallineamento si compie un errore. L’errore è che io medico, quando lavoro in ospedale, mi dedico ai turni, che possono essere notturni, pomeridiani, alle attività di reparto, alle consulenze in altri reparti, alle attività di sala operatoria e poi, nelle trentasei ore settimanali dedicate al debito orario istituzionale, faccio qualche ora di ambulatorio e faccio qualche visita. È evidente che quando vado nell’attività libero-professionale ho una maggiore disponibilità di tempo per dedicarmi a chi mi richiede attività libero-professionale.
Con ciò non voglio dire che non esista qualche opportunista o che non esista anche chi lo fa con forme dolose, però tra dire che c’è qualcosa che non va e criminalizzare una figura professionale che oggi in questo servizio sanitario regionale è assoggettato a turni massacranti, che oggi in questo servizio sanitario regionale determina il mantenimento del servizio. Dobbiamo a loro se questo servizio si mantiene in piedi. Allora, criminalizzare il medico è stata la défaillance più completa di questo Consiglio regionale rispetto a quello che doveva essere il “grazie” dovuto agli operatori sanitari che in questi anni hanno retto un sistema, pur sapendo di dover sopperire a tante carenze determinate dalla fuoriuscita per l’esodo dal lavoro per la legge Fornero, per i pensionamenti, e determinata anche dalle mancate assunzioni.
A differenza di qualche collega che si limita a criminalizzare “blocchiamo”, noi proponiamo qualcosa di diverso. Primo: lo sblocco delle assunzioni. Vanno assunti i medici, così come sono in fase di assunzione migliaia di infermieri. Quella è una cosa bellissima che si è fatta in questa Regione, perché servivano gli infermieri, così come servono psicologi, così come servono medici, così come serve personale per poter assicurare tutte le prestazioni che sono codificati dai livelli essenziali di assistenza. Prima cosa.
Seconda cosa: rimodellare, rimodulare i tetti di spesa degli accreditati. Gli accreditati sono lì per esercitare una funzione di supporto rispetto all’attività pubblica. Oggi gli accreditati hanno budget che impongono la chiusura, il cartello: il budget è finito, per cui o venite a pagamento o andate nel pubblico. Cartelli che vengono esposti già dal mese di ottobre perché il budget è finito ed è invalicabile. Noi dobbiamo, invece, capire. D’altronde, anche questa rimodulazione dei tetti di spesa è stata fatta su presupposti, anche questi, sbagliati, perché c’è chi ha molto di più e non riesce a consumare il budget, chi ha molto di meno e a ottobre è costretto a mettere questo cartello. Perché dico questo? Perché mancano i flussi informativi rispetto al consumo di risorse del budget nell’erogazione delle prestazioni.
Se metto in atto il sistema dei flussi informativi, io struttura accreditata dico che mi sta avanzando una parte di budget, che posso destinare ad altra struttura accreditata per altre branche e per altre prestazioni, quindi eliminare e accorciare le liste d’attesa.
Avete chiuso il numero delle ore da convenzionare per gli specialisti ambulatoriali interni. Esiste una categoria di medici che si dicono specialisti ambulatoriali interni, che sono in una graduatoria attraverso un accordo nazionale, che lavorano nelle strutture della ASL, soprattutto nelle strutture territoriali e distrettuali, per i quali questa Regione ha ridotto il numero di ore. Le ha ridotte, l’ha chiuso, quando invece per poter offrire prestazioni bisognava allargare, bisognava aumentare soprattutto un’idea di sanità che punta sul rafforzamento della medicina territoriale distrettuale. Invece si è fatto, in questa Regione, il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare.
Inoltre noi aggiungiamo: ma perché pensate che il cittadino sia costretto dal medico ad andare in attività libero professionale? Io dico che è costretto dalla Regione, è costretto da lei, Presidente Emiliano, e sa perché? Glielo dico: perché lei ha un’arma affinché io non sia costretto ad andare in attività libero professionale, c’è una norma nazionale. Una norma nazionale che dice – articolo 3, comma 13, del decreto legislativo 124 del 98 – che quando io vado alla ASL, prenoto una prestazione e mi danno la prestazione oltre i tempi di attesa, io ho diritto ad ottenerla in regime di attività libero professionale pagando solo il ticket, se sono soggetto a ticket, o non pagando nulla, se sono esente ticket. La spesa è a carico della ASL, rispetto a questo.
Ora, se il tema è il voler bene ai cittadini, i mezzi ci sono, le norme ci sono, c’è tutto. Non c’è da fare demagogia, non c’è da fare ipocrisia, non c’è da criminalizzare figure professionali che operano con scienza e coscienza a favore dei nostri cittadini in una Regione che, ripeto, per anni che partono dal 2005, a guida di questo centrosinistra, dove c’era il Presidente Vendola, con l’assessore Amati, è stata portata a queste difficoltà.
Lei, Presidente, ha ereditato effettivamente una difficoltà, glielo dico: la difficoltà di essersi trovato col piano di rientro, perché qualcuno prima di lei aveva sforato il patto di stabilità e non aveva assicurato il pareggio di bilancio. E lei sta col piano di rientro, lei si è trovato con il divieto di assunzione e con i tetti di spesa rigidi: si è trovato in tutto questo.
Presidente, noi stiamo superando questa situazione e se stiamo superando questa situazione significa che dobbiamo procedere, Presidente. Assunzioni: sta facendo bene per gli infermieri; allarghi la platea del personale che serve al servizio sanitario regionale.
Rimodulazione dei tetti di spesa degli accreditati. I tetti di spesa non possono essere rigidi. Renato prende 100.000 euro l’anno ed è sempre 100.000 euro. Lui ne prende 200 ed è sempre 200. No. I tetti di spesa vanno rimodulati in funzione delle esigenze che cambiano o che si formano.
C’è una questione che riguarda le ore di specialistica ambulatoriale interna. Vanno allargate. Vanno allargate perché dobbiamo rafforzare la medicina territoriale. C’è la questione dell’applicazione di quella norma che non assoggetta a nessun ricatto nessun cittadino. Nessun cittadino viene assoggettato a quel ricatto. Quando non ho la prestazione nei tempi stabiliti, devo avere il diritto di dire al direttore generale: “Me la devi dare. Paga il medico in attività libero-professionale. Se sono assoggettato a ticket, pago il ticket. Se non sono assoggettato a ticket, non lo pago”. Questi erano i nostri emendamenti.
Presidente, nella vita ci troviamo di fronte, a volte, a un fare puerile. Noi abbiamo di fronte, a volte, il fare dei bambini: se non dai loro il giocattolo diventano capricciosi. Noi il giocattolo lo vogliamo dare. Gli emendamenti li ritiriamo. Ve li abbiamo spiegati. Se volete, li mettete in pratica. Li ritiriamo. Voteremo contro, però vorremmo anche che questa legge passi perché i capricci si possano accontentare. Però staremo a vedere se questa legge che passa riuscirà a ridurre di un’ora, di un giorno i tempi di attesa. Io vi dico di no. Piuttosto li allungherà.
Fate la legge Amati, è della vostra maggioranza. Continuate ad operare contro gli operatori e i vostri dipendenti, contro gli assistiti. Fatela. Monitoreremo gli effetti di una legge devastante che sicuramente allungherà i tempi di attesa piuttosto che ridurli.
I nostri emendamenti, Presidente del Consiglio, sono ritirati. Non li discutiamo.
Ripeto: si faccia questa legge, così qualcuno si toglie qualche capriccio. Risolverete tutti i problemi? Secondo noi, non risolverete proprio niente. Anzi, li aggraverete. È questa la Puglia che voi offrite alla vostra collettività, quella Puglia che è partita sull’inganno dell’abolizione dei ticket, è partita sull’inganno della riapertura degli ospedali, è partita sull’inganno del dare tutto a tutti e si ritrova oggi non ad essere assistita dai direttori generali, ma si ritrova oggi assoggettata al calcolo. Oggi non si assiste perché si deve risparmiare e mantenere un pareggio di bilancio. Oggi non si fa manutenzione ordinaria degli ospedali e tra qualche anno avremo gli ospedali cadenti. Povero chi sarà il Presidente di questa Giunta regionale tra qualche anno, però a voi piace fare norme bandiera, norme che possono colpire la pancia, norme che mettono in evidenza un qualcuno da dare in pasto all’opinione pubblica, identificato e idealizzato come colui che toglie. Chi ha tolto alla Puglia è stato solo questo centrosinistra, con Amati e il Presidente Vendola per iniziare, questa maggioranza, questo PD e tutto il resto. Questi hanno tolto alla Puglia. Noi alla Puglia vorremmo ridare quello che è stato tolto.
Speaker : PRESIDENTE.
Grazie.
La parola al collega Manca.
Speaker : MANCA.
Grazie, Presidente. Sarà molto breve quello che dovrò dire, anche perché il mio Capogruppo ha già detto quello che tutti noi pensiamo.
Devo dare atto al collega Amati che effettivamente ha posto un problema importante, quello delle liste d’attesa. Per questo devo ringraziarlo in maniera veramente accentuata. Tutti noi lo sappiamo, lo viviamo che il problema delle liste d’attesa è veramente enorme. È soltanto, per quanto riguarda la sua legge, è il metodo che è sbagliato. Se mi avesse contattato prima, gli avrei dato qualche indicazione, dal momento che io sono un medico, che non vive nel pubblico, ma ha tanti amici medici che lavorano nel pubblico. Mi hanno convinto a candidarmi per dare il mio contributo per la mia professione da medico, quindi qualcosa in più l’avrei fatto.
Quello che io non accetto è che quello che si pensa – questo è l’errore che è stato fatto – è che l’unica colpa è il medico che fa l’attività extra moenia. Io vorrei soltanto accennare un qualcosa. L’attività extra moenia viene fatta fuori dall’orario di lavoro. Non viene fatta all’interno delle ore che il medico deve fare. L’attività istituzionale deve essere fatta durante le ore di lavoro. Quindi, se noi prendiamo un cardiologo che è impegnato in reparto, come fa a fare un’attività istituzionale? Non può farla. Se il cardiologo viene chiamato in pronto soccorso perché c’è una consulenza da fare, come fa a fare un’attività istituzionale? È normale che in diverse ore, se prendiamo quattro ore del medico che fa l’attività di libera professione, con le quattro ore che fa durante il reparto, se uno è impegnato a fare soltanto le visite ne fa un tot. Ma se, oltre alle visite, poi viene chiamato a fare altro, è normale che la differenza è enorme.
Lei ha posto un problema importante, quello di una regione dove la lista d’attesa non c’è, che è l’Emilia-Romagna. È una regione che io conosco molto bene perché quindici anni della mia vita li ho trascorsi lì, li ho trascorsi a Bologna, e una cosa che pochi valutano è che Bologna, come l’Emilia-Romagna o altre Regioni hanno una Facoltà di Medicina che aiuta tantissimo. Prenda l’ospedale Sant’Orsola, dove c’è anche l’Università. Quando ero specializzando io riducevo al minimo le visite, perché da specializzando facevo le visite. Quindi cosa vuol dire? Che in questo caso, il numero dei medici che devono lavorare è importante.
Se a Bologna, e non esiste qui da noi, abbiamo un pronto soccorso ginecologico, cosa vuol dire? Che a Bologna, se una paziente ha un problema ginecologico non va in un pronto soccorso normale e non va nemmeno, se ha un’urgenza, dal ginecologo, o chiede una visita istituzionale, ma va direttamente in pronto soccorso ginecologico, dove ci sono, e lo ribadisco di nuovo, a parte il medico responsabile (o i due medici responsabili), quindici specializzandi che lavorano in pronto soccorso.
Per cui, dire che se io riduco l’intra moenia aumento, benissimo, diamo l’opportunità. Ma c’è anche una cosa, l’ha detto il mio Capogruppo: c’è già la legge. La cosa che bisogna fare è ottimizzare il lavoro dei medici. Chiediamo, nell’attività istituzionale quante visite fa il medico e poniamoci la domanda, chiediamoci perché, invece, nella libera professione ne fa 10 e perché ne fa 5. Questo lo vivo benissimo pure io. Da me in clinica, di mammografie sicuramente ne facciamo più di chi sta nel pubblico, ma chiediamoci anche il motivo. Può darsi che noi possiamo avere anche un tecnico in più che dà aiuto al radiologo a fare più mammografie. Se mi avesse coinvolto le avrei spiegato un pochino, ma io credo che il problema delle liste d’attesa non bisogna chiuderlo in una cosa così banale. Questa è un’offesa anche alle persone che aspettano di fare la visita. Non si tratta soltanto di dire: togliamo l’attività istituzionale. È normale, per i 5 Stelle è facile, questo, perché per loro tutti dobbiamo essere il nulla.
Io credo che tutti dobbiamo guadagnare 700 euro in Italia, non ci devono essere i ricchi, non ci devono essere i medici bravi, ma tutti allineati. Il problema non è quello di dire: okay, togliamo l’attività libero professionale, perché non toglie nulla al lavoro che il medico deve fare nelle sue ore. Presidente Emiliano, il problema principale, invece, l’ha già detto il dottor Zullo, io credo che sia quello di aumentare il numero dei medici, invece. Non prendiamocela soltanto per chi fa la libera professione. Il problema – lo sappiamo tutti – è quello della mancanza di medici, la mancanza di specialisti. Il collega Conca, che è andato via. sa molto bene la mia battaglia contro il numero chiuso. Il Movimento 5 Stelle soltanto quando è in opposizione riesce a parlare. Io ho mandato al Ministro Grillo e anche al Presidente del MIUR una lettera per avere un incontro per discutere sul numero chiuso oppure per quanto riguarda la specializzazione, visto che c’è un imbuto. Pochi ragazzi riescono a specializzarsi. Mi è arrivata ieri una lettera: “La informo che, allo stato attuale, non è possibile calendarizzare un incontro con il Ministro. Tuttavia, se lo vorrà, potrà ricontattarmi, previo appuntamento, per esporre le sue problematiche”.
Benissimo. Abbiamo un Ministro che non esiste.
Lo sapevamo. Mettiamo qualcuno che sostituisca il Ministro. È normale. Lo sapevamo già prima che doveva partorire. Parliamo di un Ministero importante. Credo che l’atteggiamento dovrebbe essere un po’ diverso.
La battaglia da fare è quella, intanto, di aumentare – secondo me – il numero dei medici e aiutare i medici nel loro lavoro.
Molto spiritoso. Adesso siete in maggioranza. Credo che sia facile per voi realizzare qualunque cosa. A questo punto, potete anche dare – visto che potete – maggiori soldi.
Presidente Emiliano, noi abbiamo messo il Movimento 5 Stelle, che ci aiuterà. Credo che fra poco, anche come Regione Puglia, ci darà più soldi, visto che per assumere bisogna avere anche più soldi.
Collega Amati, naturalmente, tutti noi lo abbiamo già detto, voteremo “no”, però do atto che effettivamente bisogna già da oggi porre il problema delle liste d’attesa. Lo dico anche personalmente. Io lavoro in un privato, Presidente. Abbiamo finito il budget. Le biopsie mammarie ormai non le possiamo fare più. C’è anche il problema che nel pubblico non te le fanno, perché le liste sono enormi. Il problema non è la extramoenia che ha bloccato le biopsie nel pubblico. È che abbiamo poco personale per poter fare esami importanti.
Sono anche d’accordo con quello che ha detto il mio Capogruppo. Prendiamo le strutture che sono accreditate, chiediamo aiuto per aumentare il numero di esami da fare. E smettiamola: abbiamo audito tutti. Lo sa anche lei. Abbiamo audito i presidenti degli ordini, le varie associazioni dei medici, i vari medici. Ebbene, io credo che chiunque abbia detto che non è soltanto colpa dell’extra moenia. Poi se vogliamo ridurre l’extra moenia, naturalmente è compito anche del direttore generale. Se i direttori generali ci sono, devono fare il loro lavoro. Io credo sia compito dei direttori generali. Non c’è necessità di fare una legge per determinare delle cose.
Lei, peraltro, fa parte anche della maggioranza, per cui credo che sia molto semplice per lei andare dai direttori generali e chiedere che si attivino ad aumentare ai medici il numero di ore specialistiche, quindi durante l’attività istituzionale. Credo sia molto semplice.
Naturalmente, come ha detto il mio Capogruppo, noi ritiriamo gli emendamenti che avevamo preparato, comunque non posso votare una legge che, secondo me, non risolverà assolutamente il problema, però le devo dare atto, e la ringrazio, di aver posto il problema importante delle liste d’attesa. Qui spetta al nostro assessore, che è il Presidente Emiliano, che tra un’ora si attivi seriamente per far sì che, nell’arco di sei mesi, i pugliesi abbiano liste d’attesa sempre più ridotte, capendo però il reale motivo per cui abbiamo liste d’attesa così lunghe, togliendo questa ipocrisia di dare colpa sempre ai medici. Naturalmente ci sono i medici che sfruttano, e questo lo sappiamo. Ci possono essere medici che nelle sei ore, se devono fare attività istituzionale, fanno poche visite, ma spetta al direttore generale dire il numero di visite che deve fare il medico.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Prego, collega Marmo.
Speaker : MARMO.
Grazie, Presidente.
Da tutte le dichiarazioni che ho ascoltato, mi sembra che siamo come se fossimo tutti quanti su un treno, dove ognuno racconta la sua storia, in alcuni casi esatta, in alcuni casi appena appena sbagliata, ma ognuno ha una propria visione di quello che accade. Nel frattempo, il treno continua a camminare e probabilmente va a sbattere.
Cito un solo esempio. Per una risonanza magnetica, peraltro se richiesta per il cervello e il tronco encefalico vuol dire che è una risonanza urgente e importante, l’appuntamento è per il 21 marzo 2019. Io credo che questo dica tutto.
Qui non si tratta di essere contro i medici, non sia mai, assolutamente. Qui si tratta soltanto di valutare la questione dal punto di vista oggettivo, di quello che accade in Puglia, di quello che accade ad ogni cittadino. Quindi, noi ci esprimiamo come persone, consiglieri, Gruppo, che ritiene di intervenire quest’oggi a favore dei pugliesi, dei cittadini, di coloro i quali hanno necessità di ricevere cure adeguate in tempi adeguati.
Quella richiesta di risonanza, signor Presidente, non veniva soddisfatta da una risonanza esistente in quello che viene definito il territorio, ma provenendo dal territorio la richiesta, va ad imbucarsi in una risonanza di un presidio ospedaliero (non vi dirò quale perché non è il caso). Significa che in Puglia non abbiamo ancora attuato quella che è la reale distinzione tra territorio e presidio ospedaliero, che doveva essere la prima cosa da attuare e che doveva essere il preludio alla trasformazione degli ospedali, ma questo è altro argomento. Non interverrò nello specifico tecnico di che cosa è necessario fare.
Io credo che nostro rilievo debba essere in questo caso esclusivamente politico, perché è la politica che governa il sistema ed è la politica che doveva mettere in campo gli elementi regolatori di un sistema che oggi fa acqua da tutte le parti, e lo abbiamo visto con una semplice prescrizione di risonanza.
Il tema politico è il seguente: il collega Amati ha presentato questa proposta di legge, credo a gennaio del 2018. Oggi siamo al giorno 13 novembre del 2018, e questa proposta di legge giunge in Aula senza il prescritto parere degli uffici della Giunta. Già questo mi suona male. È possibile cioè che in dieci mesi una richiesta di parere, di analisi tecnica di un provvedimento richiesto da un consigliere sia trascurato in questo modo? Credo, invece, che sia stato deliberatamente trascurato, tanto da giungere in Aula senza il parere dei servizi dell’assessorato alla sanità.
Questa proposta di legge viene definita, come lo stesso consigliere Amati ha fatto per altre proposte, una proposta di legge provvedimento – ha visto che imparo ogni tanto, consigliere? – che indica alla Giunta le cose che deve fare. Questo che cosa significa? Che una legge provvedimento può essere depotenziata e resa inutile in presenza di un’azione, un’attività, una iniziativa del Governo regionale tesa ad affrontare questo tema, quello delle liste d’attesa, che ci portiamo dietro da anni e che non è assolutamente risolto.
Quindi, la legge provvedimento – se lo andiamo a leggere – credo non sia assolutamente scandalosa da nessun punto di vista. L’articolo 1 individua il Responsabile unico aziendale delle liste d’attesa. Perché viene richiesta dal collega l’individuazione del Responsabile unico delle liste d’attesa? Per il semplice motivo che con il compiuto Regolamento n. 3, attualmente vigente, il responsabile è il direttore generale. La mancata sorveglianza sulle liste d’attesa e sul mancato equilibrio tra attività istituzionale e attività intramoenia è motivo di decadenza. Per evitare ciò in capo al direttore generale, vi è la proposta di nominare il responsabile (all’articolo 2) aziendale delle liste d’attesa.
Articolo 3, sospensione dell’attività libero-professionale intramuraria. Innanzitutto, visto che siamo in tema di trasparenza, abbiamo una legge sulla trasparenza, l’articolo 1 dice: “Con scadenza bimestrale e comunque non oltre il quinto giorno del bimestre successivo, i direttori generali provvedono a pubblicare sul relativo sito istituzionale i dati di monitoraggio delle liste d’attesa e i tempi di erogazione”.
Articolo 3, sospensione dell’attività professionale intramuraria, se vi è uno scostamento tra attività istituzionale e attività intra moenia di cinque giorni tra l’una e l’altra, la durata della sospensione, e poi chiede al Governo, cosa che avrebbe potuto fare tranquillamente da solo, il piano regionale per il governo delle liste d’attesa. Allora, io dico: si sta chiedendo tanto? Impostare una questione in tal modo significa essere contro i medici? Noi dobbiamo essere qui a favore del sistema sanitario, non a favore o contro ciascuna parte degli attori in campo, sapendo bene che il sistema sanitario deve intervenire a favore dei cittadini, salvaguardando naturalmente i diritti costituzionalmente previsti dai contratti di lavoro.
Io più volte sono intervenuto, Presidente, sia in Commissione che con comunicati stampa per richiamare ogni volta che ci avvicinavamo alla discussione di questo provvedimento, perché la Giunta regionale è silente, in quanto da gennaio ad oggi non vi è stata un’azione o un’attività provvedimentale per fare alcune cose e per disciplinare ancor meglio e ancor di più, per le parti che mancano al Regolamento regionale n. 3, l’attività che deve essere svolta nelle ASL. Io credo che non sarebbe stato uno scandalo. Quindi, se c’è una inazione, io credo che sia quella del Governo regionale.
Ciò non toglie, Presidente, che ancora oggi lei può dire “provvederemo a breve con un provvedimento regionale”, togliendo l’Aula dall’imbarazzo di fare con legge ciò che può essere fatto con delibera di Giunta, con una disciplina specifica. Io non capisco perché noi dobbiamo intervenire con legge quando l’Emilia-Romagna è intervenuta con delibera di Giunta e la Toscana è intervenuta con delibera di Giunta. La Toscana, floridamente, ha risolto in un altro modo, e il Presidente sa bene come l’ha risolto, no? Che tutta l’attività intra moenia la Regione ha detto che la paga lei, così diventa tutto istituzionale.
È possibile che non c’è un briciolo di azione, un briciolo di attività, atteso che nei territori accade quello che vi ho appena letto. Questo è in sintesi quello che noi riteniamo su questa situazione, che si è trasformata in un fatto politico che si determina all’interno del Consiglio regionale, con la proposta di un consigliere della maggioranza che è ostacolata dal Governo.
Ma dico io: possibile che non avete trovato un’altra camera di compensazione? Un altro luogo in cui discutere? Non devo essere io a dirvi: venite compatti in Consiglio, perché proprio non mi interessa, nel modo più assoluto. Rilevo i dati di fatto: che una proposta tranquilla e normale è passata, nell’opinione di chi ritiene che sia così, come una vessazione contro i medici. Anzi, io ritengo che i medici vanno sostenuti ancora di più. Siamo in condizioni di acquisire le prestazioni intra moenia? Non lo so, è questione di bilancio. Se sì, facciamolo, così eliminiamo il problema, come ha fatto la Toscana. Non siamo in condizioni di farlo? Troviamo un altro modo, ma eliminiamo le liste d’attesa perché non se ne può più. Questo è il tema principale.
Ora, io me la posso prendere con Amati perché è l’unico che si è impegnato nello stendere una legge, un provvedimento che può essere tranquillamente una delibera, e la Giunta può fare il suo provvedimento quando vuole. Anche senza questa legge, possiamo non approvarla oggi, se abbiamo l’impegno che la Giunta provvede. Ma se la Giunta non provvede, allora la legge – qualcuno ha detto che non servirà a niente – probabilmente non servirà a niente. Ma serve, dal punto di vista politico, di chi oggi ragiona di queste questioni, come elemento di stigmatizzazione di una inazione da parte del Governo regionale. Questa è la questione.
Ora, non c’è da essere contro questa legge. Buona parte di queste cose stanno già nel Regolamento, alcune vengono ancora meglio definite: la sospensione, per esempio. Ma qualcuno deve dire qualche cosa, anzi, in verità, se oggi ci viene detta qualche cosa devo dire che è abbastanza tardiva la presa di posizione del Governo, perché è da gennaio che questi documenti circolano in Commissione, e abbiamo avuto diverse occasioni di discussione e di confronto, addirittura con altre leggi proposte, non, come diceva Conca, magari, proposte nella legge di bilancio con emendamenti che andavano ad intervenire inopportunamente in un altro strumento normativo.
Noi oggi dobbiamo capire che cosa si vuole fare per abbattere le liste d’attesa. Questa è la domanda. Vogliamo utilizzare questo strumento? No. Che cosa ci propone la Giunta? Vogliamo aspettare una delibera di Giunta? Qual è l’intervento energico nei confronti dei direttori generali e di tutte le strutture? Questo è quello che vogliono sapere i cittadini e noi siamo interpreti non solo delle esigenze e del portato di ciascun organismo che tutela i diritti dei medici, degli infermieri, ma anche dei pazienti e del Tribunale del malato, per esempio.
Altra questione sollevata dai colleghi in precedenza, dal collega Manca, e non solo da lui, è la questione della dotazione del personale. Ci mancano medici. Ci mancano infermieri. È penoso quello che accade oggi in Puglia. Ci sono reparti che non riescono a coprire nemmeno i turni. Allora ti devi domandare come mai, se non si riescono a coprire i turni in ospedale, se non si riesce a fare l’istituzionale, schizza l’intramoenia a pagamento. Questo è il tema posto.
Se non ci saranno risposte chiare, il mio pensiero, sperando che corrisponda anche a quello dei colleghi consiglieri... Qualcuno ha detto: “Tu sei un libero pensatore”. Qui siamo tutti liberi pensatori. Ognuno sostiene quello che ritiene. Se non ci dovessero essere risposte chiare, noi voteremo a favore di questa proposta di legge ritirando tutti gli emendamenti, che non abbiamo nemmeno presentato.
Speaker : PRESIDENTE.
Prego, collega Damascelli.
Speaker : DAMASCELLI.
Grazie, Presidente.
L’argomento sollevato dal collega Amati è di notevole importanza. È un problema di cui da sempre in Puglia si parla. In questi anni abbiamo dovuto subire anche tanti proclami da parte dei Governi regionali di centrosinistra che si sono succeduti. Ricorderete la propaganda elettorale fatta da Vendola con quella interminabile attesa dei cittadini in coda ad un ambulatorio per attendere una visita medica, poi rimasta tale anche dopo i dieci anni del Governo Vendola. Anzi, come diceva il collega Marmo, come dicevano i colleghi che mi hanno preceduto, che si sono allungate, che sono cresciute, che continuano a crescere di giorno in giorno.
Noi non siamo non favorevoli a un riequilibrio. È un fatto anche di civiltà. Quindi, è giusto che ci sia questo riequilibrio tra le liste istituzionali e le liste ALPI. Ma mi chiedo e vi chiedo: riusciremo a risolvere il problema?
Oggi mi sarei aspettato in Consiglio regionale una relazione di natura programmatoria del Governo regionale e dell’assessore alla sanità, nonché Presidente, Emiliano, che spiegasse a quest’Aula e, quindi, a tutti i pugliesi quali azioni mettere in campo per abbattere o quanto meno ridurre le liste di attesa, che vanno a colpire, come sempre, la popolazione più fragile, perché c’è chi non si può neanche permettere di poter fare una visita in ALPI e deve attendere quel famoso marzo 2019, sperando che nel frattempo non sia passato a miglior vita. Questa è la situazione drammatica che noi viviamo negli ospedali pugliesi, e vi assicuro non soltanto degli ospedali, perché la carenza degli organici e delle strutture è fondamentale finanche nel territorio. Presidente, sa cosa avviene nel territorio? Che quando un medico va in pensione si chiude un ambulatorio e si chiude l’agenda. Questo si verifica nei PTA. Quindi, non è solo negli ospedali. Io ho fatto l’esempio – ma è un esempio – dell’ambulatorio di pneumologia del PTA di Bitonto: tra pochi mesi andrà in pensione il medico della diabetologia e si chiuderà l’ambulatorio, non sarà sostituito.
Poiché noi le viviamo direttamente e poi le riportiamo qua anche per suggerire e chiedere che ci siano proposte per eliminare questi grossi problemi, succede che le liste d’attesa neanche ci saranno più, perché quella gente che sperava di avere una prestazione sanitaria in un presidio territoriale di assistenza, dove ci sono gli ambulatori che fanno specialistica e diagnostica, purtroppo non la potrà più avere. Oppure, capita che in un PTA dove c’è una delle TAC più all’avanguardia che ci sono in Puglia viene trasferito all’improvviso il tecnico radiologo e il medico comunica alla direzione del distretto sociosanitario che dal 16 novembre dovrà purtroppo cessare tutte le attività diagnostiche con quella TAC. Questo avviene nella nostra regione, questo avviene nei nostri ospedali, questo avviene nei nostri presìdi territoriali di assistenza, nelle case della salute, ovunque, perché vi è una grandissima carenza di personale medico. Un problema che si protrae da tempo, ma che aumenta di giorno in giorno.
Io ricordo che era l’estate del 2017 – ero presente –, quando il Presidente Emiliano, per esempio, inaugurava la nuova medicina nucleare – prima l’ha citata il collega Conca – del Policlinico di Bari. Una visita importante: eravamo tutti contenti perché comunque vi era un nuovo reparto con attrezzature tra le più importanti d’Europa, all’avanguardia. Però, Presidente, oggi, quella medicina nucleare lavora al 20-30 per cento delle sue potenzialità. Lavora al 20-30 per cento perché non ci sono medici, perché i tecnici sono assunti tutti a tempo determinato, perché non c’è nemmeno il personale di segreteria, che lavora mezza giornata, dalle 8 alle 12, e nel pomeriggio non si possono ritirare gli esami e non si possono fare prenotazione perché non ci sono gli ausiliari. Basta girare per esempio nei punti di primo intervento sporchi di sangue perché gli ausiliari non ci sono, quindi non si possono nemmeno fare le pulizie. Viviamo una situazione drammatica, che aumenta continuamente le liste d’attesa a causa dell’assoluta carenza di personale. E quando abbiamo delle attrezzature importanti, quelle attrezzature non sono nemmeno sfruttate. Questo si traduce in una evidente situazione in cui vi è uno sperpero di denaro pubblico, perché sono state acquistate ma non vengono utilizzate, proprio per la carenza dei medici.
È fondamentale allora che si dia una svolta. Che si proceda pure ad un riequilibrio tra le liste istituzionali e le liste ALPI, ci mancherebbe altro. Lo si diceva prima: già è prevista questa possibilità. Noi andiamo ulteriormente a caldeggiarla, ma sono convinto che il problema della lista d’attesa vada risolto veramente e concretamente.
Oggi non abbiamo nessun segnale di attenzione, né da parte della maggioranza, né da parte dell’assessorato, né da parte del Governo regionale. Anche i direttori generali vanno incalzati da questo punto di vista, a proporre anche soluzioni volte a ridurre questa estenuante lista d’attesa di cittadini che fanno anche viaggi della speranza per cercare appunto di risolvere un problema relativamente alla propria salute, però non riescono spesso a risolverlo a causa di una risposta che la Regione non riesce ancora a dare. Questa è una problematica fondamentale che non possiamo far finta di non conoscere. Se abbiamo una coscienza, sappiamo che non la risolviamo con questa legge, che – ribadisco – possiamo anche approvare, ma che non va certamente a ridurre il vero problema delle liste di attesa, che va assolutamente ridotto nel modo più rapido possibile. È questo quello che avete più volte garantito nelle vostre campagne elettorali, ma purtroppo non corrisponde a quello che andate a realizzare quando siete al Governo della nostra Regione.
Io ho ascoltato più volte parlare di potenziamento della medicina del territorio, di potenziamento degli ambulatori e della diagnostica, ma in realtà la medicina del territorio continua a subire quotidianamente depotenziamenti. Quindi, è falsa la promessa che ad una chiusura dei reparti ospedalieri e di interi ospedali doveva corrispondere un potenziamento della medicina territoriale. Questo non è avvenuto. Non solo non è avvenuto il potenziamento, ma c’è una continua spoliazione dei servizi di prossimità. I Livelli essenziali di assistenza peggiorano di giorno in giorno.
Il nostro appello, quello che rivolgiamo al Presidente Emiliano e al Governo regionale, è quello di affrontare concretamente il problema delle liste di attesa provvedendo alle assunzioni di medici, di personale medico, di personale infermieristico, come finalmente adesso si sta facendo, di ausiliari, di amministrativi, perché abbiamo una sanità fatta di operatori straordinari, abbiamo anche attrezzature all’avanguardia, ma non riusciamo a sfruttarle per questa assoluta e ingiustificata carenza di personale, che va colmata con provvedimenti seri, perché a farne le spese sono i pugliesi e la salute dei cittadini, soprattutto di quelle fasce più fragili che non possono nemmeno permettersi un viaggio della speranza oppure una visita in ALPI.
Speaker : PRESIDENTE.
Prego, collega Campo, per l’ultimo intervento.
Speaker : CAMPO.
Grazie, signor Presidente.
È un tentativo, questo intervento, prima di tutto di dire qual è l’orientamento del Gruppo del Partito democratico, di spiegarlo, e anche di riportare il clima attorno a questa discussione alla realtà della discussione stessa. È stata presentata nei giorni scorsi, come anche una resa dei conti all’interno della maggioranza, un dissidio insanabile su questioni… Stiamo a dire intanto che è vero. Diciamo la verità. Il provvedimento pende all’attenzione dell’Assise consiliare ormai, credo, da gennaio-febbraio dell’anno in corso, ed è sintomatico che ci siano voluti 10-11 mesi per farlo approdare in Aula non della volontà di esorcizzare il tema posto dal consigliere Amati, anzi, e io facevo parte della Commissione sanità, ma il tempo che abbiamo impiegato è sintomatico dell’attenzione e della serietà, che ritengo tutti noi, a cominciare dai commissari della III Commissione, abbiamo posto all’argomento. Quante volte con Paolo Pellegrino ci siamo genuinamente interrogati, non foss’altro perché eravamo compagni di banco in Commissione, sull’opportunità o meno di andare in questa direzione. Ne abbiamo discusso con il consigliere Marmo, ricordo le disquisizioni del collega Amati sulla natura della legge provvedimento. Non abbiamo perso tempo. Ci siamo confrontati perché avevamo opinioni diverse e abbiamo dedicato molto tempo a questo confronto perché riteniamo che il problema al quale si tenta di dare una soluzione con questa proposta di legge sia un problema serio, tra i più sentiti dai cittadini pugliesi.
È vero, consigliere Conca, c’era stato un suo tentativo di introdurre la discussione in sede di bilancio, noi dicemmo che non ci convinceva la sua proposta, non perché entrammo nel merito ma, come ricordava il consigliere Marmo, anzi annunciamo che era imminente un’iniziativa legislativa al riguardo e che forse non era corretto discuterne in sede di approvazione di bilancio, in cui la discussione avrebbe potuto essere, tra l’altro, mortificata nei tempi ed essere anche troppo stringata e sbrigativa, ma sarebbe stato opportuno discuterne in separata sede.
Certo, abbiamo impiegato tempo, ed è sintomatico del fatto che forse non abbiamo raggiunto all’interno della maggioranza un’identità di vedute sul merito del provvedimento. Non è che non si concordi. E chi non concorda? Vorrei vedere chi nega che il problema delle liste d’attesa in sanità in Puglia sia un problema antico e che opprime una grandissima parte dei cittadini pugliesi, quelli più bisognosi e quelli più fragili, perché evidentemente hanno bisogno di prestazioni mediche che non riescono a ottenere in tempi ragionevoli. Non accade da oggi, in verità, accade da moltissimo tempo. In molte, tante campagne elettorali ci siamo detti, ripromessi vicendevolmente, da opposte sponde che quella delle liste d’attesa sarebbe stata una delle questioni alle quali si sarebbe provato a porre rimedio: da destra, da sinistra, da centro. Tutti abbiamo ben presente che il problema esiste, tutti sappiamo bene che è un problema antico, e a nessuno sfugge, consigliere Zullo, che è un problema che va contestualizzato anche in un quadro più ampio che è lo stato di salute della sanità pugliese.
Ora, non voglio riaprire un’antica discussione sul perché e sul percome la sanità pugliese – mi sia permesso il gioco di parole – non sia in uno stato di salute straordinario. La discussione ci porterebbe ad un tempo che abbiamo alle spalle, a scelte che sono state compiute, alcuni di noi ritengono sbagliate, in passato. Il consigliere Conca dice anche, a un sistema, quello del servizio sanitario nazionale, che così come si è andato assestando a partire dal 1978, meriterebbe una profonda rivisitazione. Forse sarà anche questo il caso… meglio che stanno fermi? Non dire così. Forse anche dipende dal fatto, questo lo reclamiamo in tanti, che vi è una sostanziale sottovalutazione, o non si dà, non si presta la giusta attenzione alle condizioni in cui versa larga parte del territorio nazionale, quello meridionale, per cui anche l’attribuzione delle risorse che viene fatta dalle agenzie di Governo centrale non è un’attribuzione equa.
I problemi quindi sono risalenti nel tempo, alcuni chiamano in gioco responsabilità ed esigenze di riforma più ampia del settore, altre ancora meriterebbero di essere affrontate utilizzando diversamente le risorse che il Fondo nazionale sanitario dispone, distribuisce alle Regioni.
Ma noi operiamo in questo contesto, tant’è che veniamo da uno sforzo straordinario, dico io, che questo Governo regionale ha fatto in questi anni, per fare in modo che la Puglia progressivamente uscisse dalla tagliola nella quale era ingiustamente, dal mio punto di vista, caduta nel piano di rientro. Progressivamente ci stiamo avviando ad una fase di razionalizzazione, per cui sarà possibile, nonostante parametri stringenti odiosissimi permangano, ma grazie allo sforzo di risanamento che è stato compiuto, sarà possibile, e già comincia a diventare realtà investire, liberare risorse anche per nuove assunzioni presso le ASL e le strutture sanitarie di tutta la Puglia. Questo è il punto.
Purtuttavia, ci rendiamo conto che, nonostante i tentativi e gli sforzi fatti, Fabiano fa riferimento nella sua proposta di legge all’organizzazione delle ASL e agli strumenti, ai protocolli di cui i direttori generali dispongono per abbattere le liste d’attesa, purtuttavia, nonostante strumenti e protocolli siano stati messi a disposizione delle direzioni strategiche aziendali, mi sembra sia sotto gli occhi di tutti che il problema non riusciamo a risolverlo.
Credo, dunque, che un’attenzione il problema lo meriti. Abbiamo creduto, dunque, che una proposta, un’ipotesi che andava nella direzione di tentare di introdurre strumenti che rafforzassero le condizioni affinché i direttori generali riducessero i tempi delle liste d’attesa fosse opportuna. È chiaro che si guarda, visto che viviamo in Italia e non su Marte e che, quindi, condividiamo la medesima cornice normativa e il medesimo sistema sanitario, si guarda anche alle esperienze di altre regioni. Lo si fa sempre.
Conveniamo che esiste un problema. Conveniamo sulla necessità di correre ai ripari e conveniamo, come abbiamo convenuto spesso anche in passato, sull’opportunità di guardare anche alle migliori pratiche che da altre parti d’Italia sono state poste in essere per rimediare.
A fronte di questa impostazione, come si può sostenere che ci sia da parte di chi ritiene che questo tentativo possa essere fatto una volontà punitiva nei confronti della classe medica? Come si può sostenere una cosa del genere? Perché, tra l’altro, mi chiedo io, un meccanismo di questo tipo, ove mai previsto, mortificherebbe la classe medica? Noi dobbiamo domandarci se può funzionare o meno per risolvere il problema, ossia abbattere le liste d’attesa, ma perché dovrebbe essere vissuta come una punizione nei confronti della classe medica?
Qualcuno ha immaginato, voglio dirlo anche a beneficio della classe medica o di coloro che potrebbero essere indotti a pensare che da parte nostra ci sia una volontà chissà perché alimentata da quale spettro demagogico di colpire i medici. Perché si colpirebbero i medici? Qualcuno intende punire i medici? No! Qualcuno intende porre meccanismi di penalizzazione dal punto di vista della retribuzione o dell’orario di lavoro o del curriculum? Non mi sembra che allineare i tempi delle liste d’attesa tra quelle rese attraverso l’intra moenia e le altre sia un meccanismo punitivo. Non è che stiamo parlando di persone che, in ragione di questo, non riceverebbero la retribuzione che gli spetta contrattualmente. Piuttosto, ci dobbiamo domandare se un correttivo di questo tipo può servire a risolvere il problema. E ora ci arriviamo.
Qualcuno dice che il problema delle liste d’attesa… Nessuno ha certezze al riguardo. Uno come me si interroga se la soluzione proposta può avere qualche efficacia. Qualcuno dice che il tema è che abbiamo poco personale, dovremmo assumerne di più. Badate, siamo nelle condizioni di immaginare, di qui a un tempo ragionevolmente breve, diciamo la fine della legislatura, di mettere, come dicono anche coloro che abbiamo audito in questi mesi, nel sistema sanitario regionale una tale quantità di professionalità medica e paramedica in grado di comportare che vi sia un impatto significativo sulle liste d’attesa? Non siamo in condizioni di farlo. Ci viene detto tutti i giorni dalle direzioni generali, ci viene detto da chi governa il sistema che purtroppo si fanno tutti gli sforzi possibili, ma i parametri assuntivi sono quelli che discendono dall’applicazione di meccanismi che sfuggono, in virtù della norma sulla parità di bilancio, al nostro controllo, quindi non possiamo provare a prendere più gente di quanta ne abbiamo in servizio.
La mobilità passiva è un problema che esiste? Esiste la mobilità passiva evidentemente, nonostante si faccia ricorso alle prestazioni in intra moenia e in extra moenia. Ma la mobilità passiva l’alimenteremmo se ponessimo in atto questo meccanismo? No, dal momento che diciamo tutti, mi sembra, che è un problema che già abbiamo e ci affligge.
Badate, nel 2017 il Ministro della sanità Lorenzin indicò nel modello emiliano, anche se poi non ha fatto a tempo per tante ragioni, non il modello di Michele Emiliano, il modello dell’Emilia-Romagna, un modello che poteva essere assunto a livello nazionale e indicato alle Regioni italiane come quello da seguire. Perché? Perché si dà il caso che nel marzo dell’anno scorso in quella Regione si riuscì ad ottenere una percentuale di soddisfazione del 98 per cento delle richieste, ossia, vi era soltanto un 2 per cento delle richieste che andava a finire in liste d’attesa.
Benissimo. Io mi rendo conto che c’è una differenza tra la situazione emiliana e quella pugliese. Primo elemento: la ministra Lorenzin voleva penalizzare i medici quando ha suggerito che quel modello potesse essere adottato come modello guida per tutte le Regioni italiane, non credo. E poi arrivò un punto fondamentale – Paolo guarda –: se in Emilia-Romagna, che ha fatto questa esperienza, il problema delle liste d’attesa ce lo avevano, e ce lo avevano nonostante in Emilia-Romagna non mi sembra vi siano le carenze di personale medico e paramedico di cui si soffre in Puglia, e nonostante lì queste carenze di personale non esistessero, si è detto che all’introduzione di quel meccanismo tra gli altri si è ottenuto un consistente abbattimento delle liste, fino a portarlo al 2 per cento delle prestazioni, come è possibile sostenere, evidentemente, che la pratica dell’allineamento è del tutto indifferente alla possibilità di ottenere un abbattimento delle liste d’attesa?
Sono dati empirici, che derivano dall’osservazione della realtà. Ci rimettiamo ad esperienze che sono state fatte in un sistema simile al nostro, certo in condizioni diverse e in realtà diverse. Ci rimettiamo alle opinioni di agenzie esperte. È chiaro che nessuno di noi ha certezze. Però, visto che più personale non lo possiamo prendere, visto che alla mobilità passiva non riusciamo a far fronte interamente e ci proviamo da tanti anni, perché non mettere a disposizione dei direttori generali anche questo strumento e non verificarne l’efficacia? Perché negarci questa possibilità? Perché non prendere atto anche della fase di un periodo di sperimentazione, se questo modello ci serve, impatta sul problema o meno? Io quindi non ne farei affatto una questione, come pure si è tentato di fare, ideologica. Non c’è nessuna volontà punitiva nei confronti di alcunché e di nessuno. Esiste un tentativo serio, di provare ad arginare un problema che abbiamo tutti, che tutti riscontriamo sui territori, sul quale si fa fatica ad incidere, che può essere un modello da sperimentare in un arco temporale ragionevole e che, se produce guasti, non è detto che debba essere assunto acriticamente all’infinito.
Termino, Presidente.
Non è detto che debba essere assunto acriticamente all’infinito. Quindi io starei sul pezzo, ossia a una proposta che è un tentativo di incidere su un problema sul quale, utilizzando gli altri strumenti a disposizione, non siamo stati in grado di fare passi significativi. Se poi il problema non esiste e gli strumenti che abbiamo a disposizione sono già sufficienti, lo si dica, ma evidentemente abbiamo una rappresentazione della realtà distorta rispetto a quella con la quale tutti i giorni facciamo i conti.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
La parola al Presidente.
Speaker : EMILIANO, Presidente della Giunta regionale.
Indubbiamente questa discussione è stata una delle più interessanti che si siano mai svolte in questo Consiglio regionale. Non perché le altre mancassero di appeal, di fascino, ma evidentemente per una regione italiana la questione delle liste d’attesa è la questione delle questioni. È un po’ come quando si discute della cura della Xylella o si discute di problemi come la criminalità, il traffico, cioè questioni che normalmente vengono affrontate e con le quali si ha grande difficoltà a trovare la soluzione. La prova provata è che le due regioni che adottano un provvedimento draconiano, come quello da noi ipotizzato, sono l’Emilia-Romagna e la Toscana.
Ovviamente, mi sto immaginando, come i bambini a Natale, che cosa sarebbe successo in Puglia con 15.000 persone in più nel sistema sanitario e 800 milioni di Fondo sanitario nazionale, che sono la differenza tra noi e l’Emilia. Attendo quel momento. Attendo Natale.
Non illudetevi. Non ci faranno assumere 15.000 persone né ci daranno 800 milioni, però speriamo che questo Governo del cambiamento ci faccia uscire… Non c’è il balcone. Quindi, manca un elemento essenziale. Dicevo, l’uscita dal Piano di rientro. D’altronde, nel momento in cui si esce dal Piano di rientro… E parliamoci chiaro: confesso pubblicamente che stiamo facendo il diavolo a quattro per uscire dal Piano di rientro, qualche volta anche subendo un po’ le pressioni del MEF, perché vogliamo recuperare la sovranità, vogliamo provare a spendere i soldi dove, secondo noi, è più giusto spenderli. Non c’è dubbio che uscire dal Piano di rientro, però, non è una cosa ancora stabilita. È vero? Sto parlando ai Cinque Stelle e alla Lega. Non ridete sotto i baffi, perché conto sulla vostra collaborazione. Se si gioca a “frega compagno”, vi ricordo altre vicende che sono avvenute in Puglia che non hanno portato bene a chi ha sabotato in quel caso la città di Bari o la Puglia.
Bisogna collaborare per uscire dal Piano di rientro, perché nel momento in cui usciremo dal Piano di rientro noi potremo utilizzare le nostre risorse, quelle che peraltro stiamo faticosamente risparmiando dalla spesa sanitaria, per assumere tutto il personale che non dico che ci serve, perché ce ne servirebbe molto di più, ma potremo assumere 2.000 medici e 3.000 operatori sanitari. Secondo me, abbiamo bisogno di almeno un migliaio di infermieri perché, al di là del fatto che su questo è in corsa una… C’è da spiegare al Ministro della sanità che, al di là di questi meccanismi, quegli infermieri sono necessari.
In quel modo, con l’insieme delle stabilizzazioni, che pure sono state consentite fino ad oggi, si potrà avere non dico una corazzata, perché purtroppo per come il sistema sanitario italiano è organizzato il Sud non può avere corazzate, perché se le avesse manderebbe in default, affonderebbe una corazzata del Nord. D’altronde, se il nostro sistema sanitario avesse le stesse capacità espansive della Lombardia o dell’Emilia, tutto il Sud verrebbe qui, dopodiché chi si sposta in quegli ospedali? E chi mantiene il surplus di quegli ospedali di medici, di attrezzature, di costi, di pulizie, di territorio, perché è chiaro, con questi numeri, un’attrattiva sempre molto forte di quegli ospedali: perché quegli ospedali sono i meglio manutenuti, sono quelli con i DRG più alti.
I medici che vogliono fare carriera, del resto, non vanno ovviamente al PTA di Bitonto. Per portarli al PTA di Bitonto devi fare in modo che il PTA di Bitonto salga di livello e costituisca un’occasione di carriera, altrimenti per le programmazioni demenziali che sono state fatte in questi anni, quei pochi che si laureano e quelli ancora più scarsi che si specializzano sono difficili da portare nei sistemi sanitari del Mezzogiorno, al punto che, ve lo dico subito, stiamo pensando, con Sebastiano Leo, di pagarli. Sarebbe una specie di corruzione. Vorremmo cioè pagarli, già prima che partano per le scuole di specializzazione o per le università, perché se ritornano, se vengono assunti nel nostro sistema sanitario, gli potremmo cancellare il debito formativo che stiamo immaginando. Siamo ridotti a questo per assumere medici. Non troviamo ortopedici, non troviamo anestesiologi, non troviamo molte altre categorie, i medici del 118; e potremmo andare avanti. È una situazione di vera e propria emergenza, però siccome è un’emergenza del mezzogiorno, chi se ne frega: questo è il punto vero.
Oggi voi avete dato vita ad una discussione molto interessante per cercare un rimedio. Innanzitutto, una cosa va apprezzata: vi siete sforzati tutti di essere obiettivi, perché è evidente che come ci sono certamente dei politici che non si comportano bene, infingardi, corrotti, è possibile che ci siano anche dei medici che si comportano male. Qualcuno lo stiamo cominciando anche a beccare, perché il NIRS (il Nucleo Ispettivo Regionale) è stato fortemente rimpolpato. Ovviamente è un organismo che lavora gratuitamente, ma è stato fortemente rimpolpato di pensionati doc: parlo di magistrati e ufficiali di polizia giudiziaria che, ovviamente, capirete, sono stati fortemente motivati ad agire in questi settori. Quindi, uno dei casi in attenzione è proprio quello della medicina nucleare. Non è tanto il problema del personale, quanto che smettono di lavorare a una certa ora in quel luogo. Qualcuno sostiene che chi lavora lì dentro abbia anche degli interessi diversi. Stiamo cercando di approfondire se questa cosa è vera o no.
Ovviamente, ci devo andare cauto perché non gestisco programmi televisivi. In un programma televisivo o sul giornale uno può buttare tutte le polpette avvelenate che vuole. Se le butta con intelligenza e non si fa denunciare per diffamazione, il risultato in qualche modo lo porta a casa. Io, invece, devo capire se è vero o non è vero che alcune strutture sono utilizzate o non sono utilizzate in modo adeguato. Quella è una di quelle strutture che stiamo attenzionando. Non sto dicendo che la colpa è di qualcuno. Sto dicendo, però, che stiamo guardando con grande attenzione quel reparto, perché è nuovo di zecca, ha delle macchine importantissime, quindi deve funzionare.
Il problema che oggi, però, noi stiamo rischiando di creare, anziché di risolvere, è quello di chiudere questa bellissima discussione non con la verità. Io lo so che forse sono ossessionato un pochino da questo concetto. È un concetto, ovviamente, inafferrabile. Quindi mi scuso se insisto. Sono certo, per come mi sto confrontando con il sistema sanitario, quindi con le persone... Un sistema sanitario è fatto di persone con nome e cognome. Ne ho trovate tantissime molto motivate. Sono talmente motivati alcuni che ci hanno fatto arrivare, negli ultimi due anni, in testa alla classifica dell’incremento dei LEA rispetto a qualunque altra regione italiana con queste condizioni operative. Con le condizioni operative che abbiamo oggi esaminato, che sono disastrose, questi sono stati capaci di stupire il mondo.
A Roma, al Ministero della sanità si chiedono: come è stato possibile? Com’è possibile? Credetemi, non è merito mio. Non è merito della politica. È merito del fatto che questa gente lavora duramente e fa il diavolo a quattro. Anche i medici si ammalano, lo sapete? C’è qualcuno che lavora avendo gravissime malattie addosso. Fanno cose incredibili. Molti di questi onorano la Repubblica non con roboanti discorsi o esibendo a sproposito il tricolore, ma soprattutto lavorando e dando una grandiosa assistenza. Molte di queste persone sono quelle che stiamo stabilizzando in questi giorni. Abbiamo stabilizzato gente che stava lì da undici, dodici o tredici anni. Qualcuno è stato stabilizzato in limine mortis perché stava per andare in pensione. Quindi, l’abbiamo acchiappato proprio al volo. E qualcuno se n’è andato in pensione senza essere stabilizzato. Devo dire che queste persone sono quelle che in qualche maniera sono coinvolte dalla cosiddetta ALPI, perché stanno lì. Sono medici, infermieri, tecnici. Molti di questi – ve lo devo dire perché l’idea di andare a felicitarmi con loro al momento della firma del contratto è stata molto importante – si sono presentati in quel momento con il vestito della festa, portando i genitori, i figli, andando dal parrucchiere le donne, andando dai barbieri i maschi, come in una grandissima occasione. Quindi, ciò che per noi sembrava un mero adempimento burocratico… Perché nella nostra testa avere un contratto a tempo indeterminato era un fatto scontato, ma per loro non era un fatto scontato. E il fatto che qualcuno li ringrazi di quello che hanno fatto è di grandissima importanza.
Il mio timore è che in questa discussione ci siamo dimenticati che, nel problema delle liste d’attesa, gli eventuali furbetti sono solo una parte del problema, non sono il cuore della questione. E la sospensione dell’attività intra moenia rischia, anzi dirò di più, non rischia, ne sono certo, perché ovviamente io sono coperto dal punto di vista di tutte le organizzazioni che operano nella sanità, tutte, indistintamente, a qualunque livello. Ora si dirà: ma sono organizzazioni corporative. E va bene, questo è giusto. Però, non è che tutte le organizzazioni corporative sono disoneste intellettualmente, ringraziando iddio. Ci sono anche organizzazioni corporative che quando ho detto loro che spendiamo troppo per i farmaci e non possiamo assumere delle persone – parlo dei farmacisti, per esempio – hanno detto: Presidente, hai ragione; vacci piano perché ci devi dare la possibilità di recuperare queste fette di fatturato, però hai ragione. Non è vero che gli italiani non sono capaci di oggettività. Dobbiamo esserlo anche noi. Dobbiamo imitare i tanti soggetti del sistema sanitario che sono oggettivi, cioè dobbiamo trovare una chiave che limiti l’attività di chi si comporta in maniera scorretta, che consenta, per esempio, ai CUP di essere non direttamente connessi con le segreterie dei medici, lo dico chiaramente. Se un CUP lavora come se fosse una segreteria dei singoli medici, è chiaro che il singolo medico finisce per dare o non dare disponibilità, e questo lo fa in maniera non programmata.
Quindi, quando il consigliere Pellegrino dice: signori, qui i direttori generali l’anno prima devono fare bene la programmazione dell’attività, disporre delle risorse e fare anche una previsione sugli obiettivi che verranno colti perché ci sono alcune situazioni di organico che sono state evidenziate. Ho sentito qualcuno dire che adesso i dati sono più chiari di prima: non so se è vera questa cosa, io non so com’erano prima i dati, però adesso sono reali. Quindi, se Innova Puglia individua il disallineamento, questo è un dato reale, non è un’invenzione. Non è che il consigliere Amati si è alzato una mattina e ha detto: mi avete fatto pensare all’Emilia e alla Toscana. Se loro non fossero disallineati, che le hanno fatta a fare quelle norme? Evidentemente sono disallineati pure loro. E devono essere disallineati in una maniera che gli deve far scoppiare il cuore dalla rabbia, perché nonostante il personale e i soldi che hanno, sono disallineati anche loro, quindi loro hanno assolutamente ragione nel sospettare che ci sia qualche furbetto.
Ma noi come facciamo ad escludere che, come è stato detto, qualcuno dei nostri professionisti durante l’orario di lavoro non riesca a fare tutto ciò che dovrebbe fare perché impegnato in situazioni complicate dalla mancanza di organico? È complessa, questa vicenda. Quindi, l’automatismo è un sistema utile, perché l’automatismo, quando si deve sanzionare, è il top per il sanzionatore. Dice: non ci posso fare niente, sei caduto nel meccanismo, non c’è niente da fare, adesso è scattata la sanzione. Sanzione? Ma la sanzione deve colpire chi? Il presunto autore della condotta scorretta, perché se nega un diritto che, come diceva il consigliere Pellegrino, è un elemento fondamentale della libera scelta, che è un elemento strutturale del nostro sistema sanitario. È vero che ci sarà qualcuno che è stato costretto ad andare sull’ALPI dal fatto che le attività ordinarie siano lente, però è anche vero che dovremmo presumere con altrettanta certezza che c’era qualcuno che ci sarebbe comunque andato all’ALPI, a prescindere dalle lentezze. E quello che fa? A quello è negato un diritto.
È evidente che qui non ci stiamo dividendo sull’analisi del problema, ma ci stiamo dividendo sul metodo da utilizzare, sul simbolismo, anche, che la legge deve avere. Le leggi – come voi mi insegnate, perché avete più esperienza di me – non sono solo rimedi tecnici. Sono anche un modo di raccontare e di analizzare un evento verso l’opinione pubblica. Se tu racconti un evento, addirittura nella legge, in maniera da indicare o additare un responsabile piuttosto che un altro o immaginando che ci sia una responsabilità presunta, questo è un rischio che noi dobbiamo evitare.
Ho convocato ad hoc il Consiglio regionale della sanità per discutere di questa cosa. È stata una convocazione trascurata dall’opinione pubblica e trascurata dall’interesse. Trascurata, forse, persino dai soggetti che tanto tenevano a quel Consiglio regionale e che poi non vi hanno partecipato quel giorno. Io non vorrei che qua, con tutte queste occasioni di partecipazione, qualcuno alla fine dicesse: “Tanto ci sarà qualcuno che va per me a dire più o meno quello che penso io. Quindi che mi disturbo a fare?”. Così non può funzionare. Tra quelli che sono venuti, però, e non erano pochi, ancora una volta, non ce n’è stato uno che abbia approvato una delle possibili soluzioni.
È vero, possiamo avere opinioni, possiamo essere come singoli portatori di un’opinione, però dobbiamo fare lo sforzo, da legislatori, anche di interpretare il sentimento comune, il senso comune. Perché questa cosa possa avvenire... Abbiamo provato, forse non bene, e qui la colpa è mia e me la assumo tutta, a discutere del meccanismo tecnico, però alcuni erano così sicuri del proprio punto di vista che, alla fine, è stato difficile fare una discussione nel merito sulla questione del rimedio tecnico da utilizzare di fronte a possibili distorsioni. Quindi, per sintetizzare, il rimedio deve essere automatico o addirittura valutativo, come diceva il consigliere Marmo, perché la legge nazionale dell’ALPI non può che essere una legge nazionale, perché non è una legge – ho letto bene tutta la relazione – sull’organizzazione sanitaria, e basta, ma è una legge sul diritto alla salute tout court, quindi è oggetto di materia concorrente, dove di fronte a una presa di posizione chiara del legislatore nazionale il legislatore regionale deve stare dentro la cornice, non può andare fuori.
Io non escludo che sopravviva – non mi interessa tanto affrontare questa questione – una potestà legislativa regionale in questa materia. Quello che deve fare, però, questa potestà regionale è assicurare il principio di libera scelta, anche nei casi in cui per responsabilità del singolo operatore o dell’organizzazione sanitaria ci siano dei disallineamenti rispetto all’attività ordinaria. Siccome io penso che su questo siamo tutti d’accordo, anche il consigliere Amati, perché inevitabilmente anche lui non può non tutelare questo principio, io penso che di fronte a una serie di posizioni assolutamente non distanti tra loro… Io che vi guardo un po’ dall’esterno (diciamo così) vi dico che non siete così lontani dal trovare una soluzione. Se mi permettete, pur non essendo questa legge stata promossa dall’Esecutivo, che ovviamente aveva un’altra strategia di riduzione delle liste di attesa… Parliamoci chiaro: la strategia era quella di assumere il personale necessario, verificare, usciti dal Piano di rientro, quali erano le nostre possibilità, una volta verificato che avevamo fatto tutto quanto è in nostro potere per migliorare l’organizzazione sanitaria e rimpolpare l’organico, a quel punto se arrivavamo alla stessa conclusione dell’Emilia e della Toscana, e cioè che c’era un problema di furbetti, dopo aver eventualmente investito il nucleo ispettivo per verificare cosa accade, se proprio non ci fossero stati altri rimedi… Se mi permettete un paragone con le leggi che tutelano l’ordine pubblico, ci sono stati momenti in cui abbiamo vietato alle persone di tutto, anche attività che vengono considerate attualmente assolutamente legittime. Non apriamo quell’altro discorso, che si complica di nuovo. È chiaro che in situazioni particolari, quando tutti gli altri rimedi sono stati esperiti è possibile che il legislatore sia portato a sacrificare il diritto dell’utente ad avere assicurato sempre, matematicamente, anche senza interruzione neanche di un mese, neanche di tre mesi, il principio della libera scelta; o, ammesso che questo sia un diritto, e non è detto che sia un diritto, quello dell’operatore che è disponibile a fare l’attività intra moenia, secondo me rimane un servizio anche quello. Il principio fondamentale dell’intra moenia, infatti, non è quello di far guadagnare un po’ più di soldi al medico, ma è quello di mettere a disposizione del principio della libera scelta il dipendente regionale, per evitare che cosa – parliamoci chiaro –? Quello che qualcuno di voi ha evidenziato come un timore, cioè il timore dell’impoverimento del sistema sanitario pubblico ai danni di quello privato, perché molta gente di fronte ad un meccanismo così, o smette di collaborare all’abbattimento delle liste d’attesa, o decide di fare attività privata, a seconda delle sue capacità, delle sue attitudini. E in un momento in cui i medici scarseggiano, regalarli ai privati è un’attività che mi preoccupa moltissimo.
Quindi, tutte queste questioni non hanno ancora maturato una scelta reale. Peraltro, siamo anche in una situazione nella quale attendere cosa succede alle assunzioni e all’uscita dal piano di rientro è particolarmente imminente, cioè siamo veramente a pochissimo. Io quindi suggerirei innanzitutto alla mia maggioranza, ovviamente, di sospendere l’esame di questo disegno di legge e di approfondire, anche al fine di non gestire questa fase legislativa in modo a nostra volta disallineato dal punto di vista teorico, ma senza escludere di riuscire a trovare anche con l’opposizione analogo punto in comune, questo è il punto fondamentale. Ovviamente non sto parlando di rinvii chissà quanto lunghi, mi riferisco ad una sospensione dell’esame del disegno di legge che ci consenta una riunione anche con l’ausilio dei nostri uffici tecnici e dell’Avvocatura della Regione Puglia, che sul punto forse può darci qualche consiglio positivo, e trovare un modo per uscire da questa vicenda senza additare come “persone scorrette” i medici che fanno l’intramoenia. Questa cosa, sinceramente, non posso accettarla. Io non posso accettare che la stragrande maggioranza dei medici pugliesi che si comportano correttamente venga considerata nel mucchio come persone che si comportano male. Questa cosa non funziona, non può essere. Però, siccome c’è sicuramente qualcuno che non si comporta bene, dobbiamo trovare il modo, una volta messi tutti nelle condizioni di fare il loro lavoro senza più scuse, probabilmente significa anche ridiscutere il meccanismo di funzionamento dei Centri unici di prenotazione, che sono delle repubbliche autonome...
Come dice? Soprattutto le modalità con le quali i CUP vanno a declinarsi sulle agende.
Una volta fatti questi passaggi, è possibile che, se si deve approvare una decisione così forte, a questo punto lo si faccia con una coscienza pienamente consapevole di avere fatto tutto il possibile per evitare un provvedimento sicuramente forte, ma che potrebbe rischiare di essere considerato troppo generalista. Se questa cosa viene condivisa dal Consiglio, ovviamente mi impegno a partecipare personalmente ad ogni riunione della maggioranza, e evidentemente anche della minoranza, per poter trovare il punto in comune, quindi senza mediatori, che non sia lo stesso coordinatore della Giunta.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE.
Prego, collega Amati.
Speaker : AMATI.
Grazie, Presidente.
Rapidamente, un minuto e mezzo. Anch’io sono contento della discussione, così come si è sviluppata, e dell’alto livello di riflessione. Tengo a precisare che in Emilia-Romagna erano disallineati e dopo questo provvedimento non lo sono stati più. Preciso, inoltre, che la Lombardia, il Veneto e il Piemonte sono fortemente disallineati, come noi, nonostante abbiano una potenza di fuoco, in particolare la Lombardia, e non abbiano questo provvedimento.
Sottolineo, inoltre, che la libera scelta della legislazione nazionale, come correttamente ha detto il Presidente evocando la legislazione concorrente, è un diritto posto in successione al diritto di chiedere ed ottenere la prestazione istituzionale nei tempi previsti – cioè, viene dopo – secondo il quadro normativo nazionale.
Con queste precisazioni, che mi sembrano importanti per determinarsi al meglio, io non ho difficoltà, noi non abbiamo difficoltà a rinviare alla prossima seduta del Consiglio regionale, sospendere, finire la discussione generale e alla prossima riunione del Consiglio regionale esaminare l’articolato, con tutto quello che ne verrà fuori da questi auspicati approfondimenti. Perché? Perché quando ti si chiede in questa materia di approfondire perché negare se il tempo è certo? Altrimenti, sembra una battaglia politica, sembra che uno si voglia intestare una battaglia politica. Ma il livello di questa discussione dice che non c’è battaglia politica, c’è la ricerca, come peripatetici, di una soluzione che possa essere valida.
Poiché il bene si fa, anche se il tempo lo si stabilisce, ad evitare equivoci, sempre nella libertà dei nostri rapporti, che sono sempre rapporti liberi, lineari, anche molto belli da questo punto di vista, e dimostrano per esempio che la nostra maggioranza non è una caserma, il che è una cosa molto bella, alla condizione che si riprenda nel prossimo… Che poi non è una condizione, è una richiesta, perché una condizione sembrerebbe quasi di trasformare in politica quello che ho appena dichiarato che non vogliamo trasformarlo, alla richiesta che si riprenda nel prossimo Consiglio regionale con l’analisi dell’articolato.
Se in queste giornate emergeranno, con un approfondimento ulteriore, delle buone ragioni o per modificare o, come speriamo, almeno sino a questo momento noi, per persuadere gli altri, che questa è una soluzione utile e perseguibile, perché non punisce, chiama alla responsabilità, come ha detto benissimo il collega Colonna nel suo magnifico intervento, anche evocando i princìpi della Corte costituzionale, c’è una responsabilità nel problema che abbiamo, perché nessuno punisce alcuno, insomma in questo senso possiamo pure avere l’avventura di convincere i colleghi che magari finora non… Oppure, essere convinti. È aperto il campo della discussione.
Con questa tempistica, nulla osta al rinvio dell’esame dell’articolato al prossimo Consiglio regionale, e in questo senso credo che sia la conclusione.
Speaker : PRESIDENTE.
Solo per dare un carattere ordinato, almeno ci provo. Ho visto già Marmo e Zullo. Possiamo discuterne ora, ma siccome possiamo considerare, alla luce dell’articolo 46, sia la richiesta del Presidente, sia la stessa volontà del primo proponente, una specie di ordine del giorno, come recita l’articolo 46, da sottoporre al Consiglio regionale, per rinviare la discussione e il passaggio agli articoli, vorrei che considerassimo, al di là che non c’è un ordine del giorno scritto, la richiesta del Presidente come un ordine del giorno di non passaggio all’articolato, come prevede l’articolo 46, e quindi desidererei che si aprisse una discussione su questo, per evitare che facciamo due discussioni. Prego, consigliere Marmo.
Speaker : MARMO.
Io credo di essere rispettoso del Regolamento. Io ho fatto una proposta e vedo che il Presidente l’ha raccolta, ma l’ha raccolta in modo non consono al punto a cui siamo arrivati.
Io apprezzo la disponibilità del titolare della posizione che stiamo discutendo, della proposta di legge, e invidio veramente la pazienza che ha: un anno di continui rinvii. Devo dire che manco Giobbe è stato in grado di avere tanta pazienza, sono invidioso, è l’unico elemento di invidia che ho. Ma quello che voglio invece chiedere è che qui non ci sono riunioni che fanno le opposizioni, o riunioni che fanno i colleghi della maggioranza. Noi abbiamo bisogno di avere un documento, non un provvedimento ma un documento, una relazione, con la posizione politica della Giunta, del Governo regionale, che può essere elemento emendativo della legge, ma può anche essere un elemento sostitutivo.
Ora, non capiamo a che cosa andiamo incontro. Quanto a rinviare di una settimana o due, quindi al prossimo Consiglio regionale, figuratevi, se è d’accordo il proponente, perché non dobbiamo essere d’accordo noi? Non abbiamo una posizione preconcetta, né vogliamo stare qui a dar fastidio, ma possiamo avere una posizione del Governo? Un documento, un’interpretazione che quello che faremo, magari tra due settimane, è la cosa giusta e come va modificata?
Noi lavoreremo sulla proposta del Governo, ma non possiamo menare il can per l’aia, tanto per rinviare. Siccome abbiamo imparato a studiare qualche cosa, vorremmo cominciare a leggere qualche cosa che ci proponga il Governo. Nulla di più, ci mancherebbe altro.
Due minuti sono stati, Presidente.
Speaker : PRESIDENTE.
... al procedimento di decisione.
Prego, collega Zullo.
Speaker : ZULLO.
Grazie, Presidente.
Ho apprezzato molto il discorso conclusivo del Presidente della Regione, anche perché in quel discorso si riconosce tutto il Gruppo. Però, se non ho capito male, il Presidente Emiliano dice: “Guardate, a Natale ho un appuntamento importante per dirimere la questione del Piano di rientro, in base alla quale io potrò avere la possibilità di assumere, impinguare l’organico – la faccio breve – e, una volta rafforzato il sistema, andiamo a vedere le discrasie e le disfunzioni del sistema”.
Dall’altra parte, c’è uno che dice: “Guardate, nel prossimo Consiglio ne discutiamo”. Io dico che siamo pronti a discuterlo oggi, ma se si deve aspettare un momento essenziale per riorganizzare e rafforzare il sistema, vi dovete mettere d’accordo. Noi dobbiamo sapere quando si ridiscute. Se bisogna ridiscuterlo nel prossimo Consiglio, lo finiamo oggi. Tanto sono due articoli. Io ho eliminato tutti gli emendamenti. Sono due articoli, tre articoli. Li discutiamo e li votiamo. Spero pure che sia votato, così risolverete le liste d’attesa, e la facciamo finita.
Se, invece, ed è questo quello che piace a noi, si guarda al sistema senza non punire, ma dare in pasto all’opinione pubblica nessuna categoria professionale per poter rafforzare il sistema e bisogna aspettare Natale, è una proposta per noi più convincente.
Speaker : PRESIDENTE.
Prego, collega Conca.
Speaker : CONCA.
Grazie, Presidente.
Se il proponente dice di discuterla nel Consiglio successivo, poco male. Aspetteremo il prossimo Consiglio. Non è assolutamente condivisibile, però, l’idea di aspettare l’uscita dal Piano di rientro. Il rispetto di una legge prescinde dalla eventuale possibilità di assumere personale, tenuto conto che...
Sì. Programma operativo, esattamente.
È arrivato almeno decimo.
Presidente, mi interrompono. Che vuole? Vogliamo fare discussioni di lana caprina? Non lo devi dire a me che si chiama “programma operativo”.
Presidente Emiliano, faccio appello: conceda la delega pro tempore. Ma qui, collega Pentassuglia, stiamo parlando della legge… È chiaro che io sto prendendo le parole del Presidente Emiliano. Non è che dobbiamo polemizzare per cose che nulla c’entrano con questa questione. Io sto dicendo che non c’entra nulla l’eventuale uscita dal programma operativo. Semplicemente, questa legge va discussa perché è chiaro che è più facile essere democristiani, o far finta, così non ci inimichiamo la classe medica, cerchiamo di limitare i danni con la cittadinanza.
Ognuno liberamente si esprimesse. Il Presidente Emiliano decide che questa legge non si deve votare perché noi non siamo l’Emilia-Romagna: mi fa piacere che la prenda a riferimento, peccato che lo faccia solo per le cose che gli convengano. Noi riteniamo invece che questa legge vada discussa anche ora, o al massimo al prossimo Consiglio, perché il Consiglio regionale di sanità è stato convocato semplicemente per avere un giudizio che si conosceva all’inizio. Tant’è che è stato disertato, e se oggi qualcuno lamenta il fatto che non si è data tanta enfasi è perché probabilmente si è ritenuta una farsa quella di averlo convocato, visto che dopo due anni, tre anni che se ne discute, a un anno e mezzo dall’approvazione, guarda caso era convocato solo per cercare di smontare una parte della maggioranza che invece aveva deciso di portare avanti questa legge.
Speaker : PRESIDENTE.
Torniamo al punto di prima.
Io considero le conclusioni del Presidente Emiliano come se fosse un ordine del giorno che in base all’articolo 46 del Regolamento chiede esplicitamente, dopo la discussione generale, il non passaggio agli articoli. Onde evitare che adesso facciamo l’ordine del giorno per iscritto, considero, per il buonsenso questa la proposta.
Su questa proposta del Presidente Emiliano, il primo proponente ha convenuto. Dopodiché, io capisco la sollecitazione. Lasciamo stare quello che avverrà, non siamo gli indovini. Io vi sto dicendo che in base al Regolamento il Presidente ha proposto, come recita il quinto comma dell’articolo 46, il non passaggio agli articoli. È chiaro? Come previsto. Lo ripeto per la centesima volta.
Dopodiché, già questa proposta del Presidente è sufficiente, perché io dovrei passare al voto, come recita il Regolamento. Sulla proposta del Presidente Emiliano il collega Amati, primo firmatario, ha detto di essere d’accordo, con la proposta di rinviarlo al prossimo Consiglio.
Vi dico, con buonsenso, che una volta che rinviamo per alzata di mano il non passaggio all’articolato, quello che succederà da oggi fino al prossimo Consiglio lo vedremo. Può darsi che il Presidente Emiliano possa ritenere anche buona l’ipotesi illustrata dal Presidente Marmo, cioè che, attraverso un Regolamento – sto facendo un’ipotesi – si possa aggiustare, correggere, raggiungere uno stesso obiettivo. Può darsi che decida questo. Ho fatto un esempio.
È inutile adesso discutere su cosa succederà una volta che il Consiglio manifesterà la volontà con un voto – perché voteremo – di non passare agli articoli. Una volta che il Consiglio deciderà questo vedremo il da farsi.
Non c’è bisogno, collega Amati. Non so che cosa succederà domani.
Prego, collega Amati.
Speaker : AMATI.
Grazie, Presidente.
Colleghi, vi prego di non adulterare questo bel clima che, comunque, avevamo raggiunto nella discussione di questo argomento.
Il Presidente ha detto e chiesto di rinviare – siccome la discussione generale è finita – l’esame dell’articolato. L’articolo di riferimento è l’articolo 17, non l’articolo 46.
Presidente, abbiamo già affrontato questa questione diverse volte, concludendo come vi sto dicendo. È stata iscritta ai sensi dell’articolo 17. Quindi, a questo punto, non è possibile, ai sensi dell’articolo 17, presentare pregiudiziali di sorta.
Speaker : PRESIDENTE.
Andiamo al dunque, dobbiamo rinviare, o no?
Speaker : AMATI.
Guardi, io non sono il Ministro Bonafede, e nemmeno lei. Il Ministro Bonafede ha una certa familiarità con gli azzeccagarbugli, avendo definito così l’intera avvocatura italiana. Quindi, probabilmente da questo punto di vista mi sento tutelato dall’ordine del giorno iniziale.
Qui non è una questione di lana caprina. Ai sensi dell’articolo 17 noi siamo qui e non sono ammesse pregiudiziali. Se uno evoca l’articolo 46, che va pure bene, uno vota l’articolo 46, forza, però non è quella la norma di riferimento, trascorsa una settimana i consiglieri ripresentano istanza ai sensi dell’articolo 17, e stiamo sempre lì. Benissimo.
Speaker : PRESIDENTE.
Esattamente questo dicevo.
Speaker : AMATI.
Ho capito. Ma io, siccome ho la volontà non di fare discussione, ho la volontà di trovare una soluzione, dico in modo piano che il Consiglio regionale oggi ha esaurito la discussione generale, il Presidente ha fatto la sua proposta, la accogliamo e lo iscriviamo al prossimo Consiglio regionale, in maniera regolare, per evitare che ognuno nelle pieghe del Regolamento trovi la sua soddisfazione.
Può capitare che in questa settimana accada quello che ha profetizzato il collega Marmo, quindi diventa a quel punto pure inammissibile discuterne, può capitare che ci sia una bella riunione dove ci si chiarisca e, comunque, si decidano degli altri emendamenti, può capitare pure che non ce la facciamo, allora si può anche decidere di prendere ulteriore tempo. Insomma, c’è una gamma ampia di possibilità.
Allora, per non rovinare il clima, perché se lo roviniamo su questo punto vuol dire che le ragioni politiche che noi non vogliamo siano introdotte vengono introdotte diversamente, potremmo concludere – non c’è bisogno nemmeno della votazione, perché c’è il consenso dei proponenti – con la chiusura del Consiglio regionale, peraltro sono le 16 passate e l’impegno era alle 16, e la riconvocazione, con iscrizione di questo punto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio. Poi vediamo quello che succede nel prossimo Consiglio. È la stessa metodologia che lei indica, Presidente. Il “poi vediamo” è uguale… Presidente, siamo due pratici che in questo momento si stanno sfidando. Siamo due pratici. Lei non è più pratico di me. Quindi, in questo senso io sono molto pratico e ho pure un po’ di esperienza in quest’Aula. Anzi, sono addirittura un praticone con riferimento al Regolamento, come mi suggeriscono dal loggione, quindi, con riferimento a questo, noi, in maniera piana, senza fare discussioni, decidiamo anche mantenendo il bel clima che fino a questo momento siamo riusciti a mantenere.
Speaker : PRESIDENTE.
Ovviamente, perché conosco anche l’articolo 17, verrà iscritto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio. Punto. Poi, cosa succederà al prossimo Consiglio, lo vedremo.
Io l’ho detto dall’inizio quello che stiamo facendo. Abbiamo perso un altro quarto d’ora a discutere del nulla, però fa bene tutto.
Il Consiglio è aggiornato al giorno 27 (Per il 20 ci sono problemi per l’intero Gruppo di Noi per l’Italia).